Cultura e Spettacoli

"La comicità surreale è una cosa seria. La politica? Ormai irreale"

Dopo la fiction "The generi", l'attore Maccio Capatonda prepara un film e una serie: "Faccio anche il doppiatore"

"La comicità surreale  è una cosa seria. La politica? Ormai irreale"

In effetti Maccio Capatonda è un caso a sé. In giro non ci sono altri «montauttoregisti» come si definisce lui facendo una crasi surreale di montatore, autore, attore e regista. La stragrande maggioranza di comici fa (sor)ridere con la forma. Lui con la sostanza. Si insinua tra le pieghe della realtà, scova i luoghi comuni e li illumina con nonsense, giochi di parole, gag surreali: «A nove anni sono stato folgorato dal film Ritorno al futuro e da allora la dimensione video è stato il mio obiettivo». Oggi, che ha appena compiuto quarant'anni, è un autentico «cult» trasversale perché zigzaga tra cinema, tv e web con esuberante disinvoltura. L'ultima scommessa (vinta) è stata la serie The generi su Now Tv e Sky on the demand: otto episodi con l'apatico protagonista Gianfelice Spagnagatti che inizia un viaggio tra i generi cinematografici. E lo fa alla maniera di Marcello Macchia alias Maccio Capatonda, quindi in una sorta di surreale seduta psicanalitica che raccoglie ironia e disincantata osservazione del lato più buio della natura umana.

Scusi, Maccio Capatonda, ma The Generi si può anche leggere come «degeneri».

«Sì, avevamo altri titoli in mente ma questo gioca sui generi cinematografici, dal western alla commedia sexy, e sulla degenerazione del personaggio».

Che ha quarant'anni proprio come lei.

«Io mi sento di averne sedici... Ma, se mi autoanalizzo, io e Gianfelice siamo in gran parte simili. Alla fine vorrei anche io fare come lui e scoprirmi meglio. E non so se succederà, magari sì oppure no: la vita in fondo è un susseguirsi di tentativi».

Sul set lei ha voluto alcuni ospiti. Li descrive?

«Nino Frassica è un vero eclettico».

Alvaro Vitali.

«È arrivato serissimo, quasi triste. Poi sul set è magicamente diventato Pierino».

Rovazzi.

«Fa la parte del premio, una chicca».

Antonia Truppo.

«Una bravissima attrice drammatica».

Fabrizio Biggio.

«Un talento trasformista».

Antonello Fassari.

«Un maestro nel suo genere».

The generi potrebbe avere una seconda stagione, magari una terza: i generi cinematografici nei quali viaggiare sono tantissimi.

«Non si sa ancora, ma in effetti la serie potrebbe durare all'infinito».

E adesso?

«Adesso che ho seguito la mia fidanzata a Olbia, sto lavorando alla prima serie che faccio senza committente. Una sfida. Sarà una sorta di Black mirror comico. E poi a settembre uscirà il mio secondo film come doppiatore, dopo Angry birds. Si intitola The happytime murders, in italiano Pupazzi senza gloria».

Però c'è anche la tv.

«Dopo Mai dire martedì, torno a collaborare con la Gialappa's Band su Mediaset, con loro mi sono sempre trovato benissimo».

Anche il suo pubblico è trasversale. Qualche giorno fa al Giffoni Film Festival c'era una folla di ragazzini ad applaudire.

«Con i giovani è sempre un bellissimo confronto ed è per questo che al Giffoni tornerei tutte le estati. Da loro arriva sempre una ventata di affetto».

Lì ha detto che la «demenzialità è seria» e avete parlato anche di politica. A proposito, come la vede?

«Mi piacerebbe che a governare fosse chi è capace di farlo e non solo chi è capace di prendere voti. Però io non sono mai stato politico, anche da ragazzo preferivo guardare i cartoni animati che i programmi di politica. Di certo, vedo sempre meno chiaro il legame tra la politica e la realtà che viviamo tutti i giorni.

Dopo Omicidio all'italiana del 2017 le toccherà tornare anche al cinema...

«Ma mi sa che aspetterò ancora.

Omicidio all'italiana ha avuto buone recensioni, ma voglio trovare un soggetto adatto per costruirci sopra un altro film».

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