Cultura e Spettacoli

Commuove «Zio Vanja» ai tempi del terremoto

Maria Lucia Tangorra

La terra trema, la polvere sembra la nebbia cresciuta al posto dei sentimenti, parafrasando le parole di Astrov (un Francesco Montanari asciutto nella recitazione). Così inizia Uno zio Vanja di Cechov nel sensibile adattamento di Letizia Russo. L'equilibrio di zio Vanja (Vinicio Marchioni, anche regista) e della nipote Sonja (una toccante Nina Torresi) viene scombussolato dall'arrivo del prof. Serebrjakov (Lorenzo Gioielli) con la seconda moglie Elena (la brava Milena Mancini). Il nucleo drammaturgico è lo stesso; ci ritroviamo, però, ai giorni nostri, in una provincia italiana colpita dal terremoto e, significativamente, in un teatro deturpato dal sisma (dallo squarcio ci si affaccia, non a caso, su un albero di ciliegio). Assistendo a Uno zio Vanja si viene avvolti da una commozione profonda, ricevendo in regalo un sorriso speranzoso, perché «dobbiamo vivere» Sonja docet.

Dopo la prima nazionale al Teatro della Pergola di Firenze (fino al 4 febbraio), lo spettacolo prosegue in tournée e siamo sicuri avvicinerà molti giovani per il suo linguaggio contemporaneo che non dimentica il lirismo.

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