Cultura e Spettacoli

La coscienza di Oliver per gli scherzi della mente

Memoria creativa, senso del tempo, percezioni alterate. Il nostro cervello è una selva oscura...

La coscienza di Oliver per gli scherzi della mente

Quel certo episodio che ricordiamo della nostra infanzia, siamo sicuri sia realmente avvenuto? O non l'abbiamo piuttosto ricreato nella nostra memoria, attraverso racconti di terzi? E il tempo, passa per tutti allo stesso modo? Come mai invecchiando abbiamo la sensazione che il tempo passi più velocemente? A queste e a molte altre domande risponde Oliver Sacks ne Il fiume della coscienza (Adelphi), un'interessante e ricca raccolta di saggi postumi la cui uscita è stata pianificata in vita dall'autore, morto nell'agosto del 2015. Perché la coscienza, prodotta dal nostro cervello, resta una delle entità meno definibili nella storia della neurologia. Per esempio: quale coscienza hanno i lombrichi? Nessuna? Eppure molte volte si comportano come se l'avessero. E un minuto trascorso da un lombrico sarà uguale a un minuto nostro?

A proposito del tempo che passa: è vero che il tempo degli anziani sembra scorrere più velocemente, ma alcuni esperimenti hanno dimostrato che tre minuti di un giovane equivalgono a tre minuti e mezzo percepiti da un anziano. Inoltre la percezione del tempo si può alterare, per esempio con l'uso di droghe, ma anche con l'allenamento, come nello sport. Una palla da baseball può viaggiare a 150 chilometri all'ora, ma per un esperto battitore può sembrare quasi immobile nell'aria. Uno scattista può alzarsi dai blocchi in 130 millisecondi senza rendersene conto, e sentire lo sparo dello start (o meglio, averne coscienza) solo 400 millisecondi dopo.

Sotto l'effetto della mescalina la percezione del tempo può accelerare di duecento volte rispetto al normale. Se avessimo cento volte le percezioni che abbiamo in un secondo, tre giorni ci sembrerebbero lunghissimi, mentre un bradipo, nella sua coscienza, è convinto perfino di essere veloce, come in chi è affetto da bradicinesia. Sacks racconta l'episodio di un suo paziente che quasi restava immobile con il braccio teso per diversi minuti, muovendolo impercettibilmente. Gli chiese: «Perché quelle pose congelate?». Il paziente rispose: «Mi stavo solo pulendo il naso».

Molti ricordi, invece, quelli per cui metteremmo la mano sul fuoco, possono esserci indotti, proprio come succede nei replicanti di molti film di fantascienza. Crediamo che un fatto, magari molto lontano negli anni, sia successo, ma è vero solo nel nostro cervello. In qualche modo lo abbiamo creato noi, rendendolo indistinguibile dai ricordi reali. È la ragione per cui molti condannati sono stati assolti con la prova del Dna malgrado fossero stati accusati da testimoni oculari (anche quello che si crede di aver visto non è poi così certo).

La memoria, ci spiega Sacks, è talmente fallibile, e talmente permeabile, che perfino molti casi di plagio non sono volontari. Nel caso dei cantautori può succedere di assimilare una melodia inconsapevolmente, come successe nel 1970 a George Harrison, accusato di aver plagiato una canzone di Ronald Mack. Il tribunale riconobbe la colpa, ma non la sua consapevolezza. Questione su cui aveva già riflettuto Mark Twain scrivendo all'amica Helen Keller, accusata di plagio: «Oh, povero me, quant'è stata indicibilmente ridicola, idiota e grottesca, proprio da allocchi, quella farsa del plagio! Come se vi fosse un gran che, in qualsiasi pronunciamento umano, orale o scritto, che non sia plagio! Giacché in sostanza tutte le idee sono di seconda mano, attinte consapevolmente e inconsapevolmente da un milione di fonti esterne». Certo, non è che questo criterio possa applicarsi a chiunque, altrimenti sarebbe la fine.

Daniele Luttazzi, tanto per dirne uno, aveva copiato e basta.

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