Cultura e Spettacoli

Costner nei panni di un violento sociopatico in "Criminal"

Action-thriller di media qualità, ritmato e godibile, con Kevin Costner in un ruolo che lo vede sia feroce assassino sia eroe sentimentale. Grande cast per personaggi appena abbozzati

Costner nei panni di un violento sociopatico in "Criminal"

E' uscito nelle sale "Criminal" del regista israeliano Ariel Vromen, un action-thriller che ha per protagonista Kevin Costner e ruota attorno al tema fantascientifico del trasferimento mnemonico tra esseri umani. Per quanto il film richiami efficacemente l'intrattenimento di tanti titoli d'azione degli anni '80, di cui ricalca diversi cliché narrativi, è nel suo aspirare a essere anche, in parte, un thriller psicologico che non convince appieno.
Bill Pope (Ryan Reynolds) è un agente della CIA che resta ucciso mentre dà la caccia a un gruppo di criminali internazionali. Poco prima di morire ha messo al sicuro in un posto segreto un hacker, conosciuto come l'Olandese (Michael Pitt), in grado di attivare qualsiasi sistema missilistico e, per questa sua capacità, ricercato da un anarchico milionario intenzionato a scatenare una nuova Guerra Mondiale. Per recuperare le informazioni andate perdute con Pope, soprattutto il nascondiglio del pericoloso talento informatico e gli accordi presi con lui, la CIA chiede aiuto al Dottor Franks (Tommy Lee Jones), studioso in materia di trapianto di pattern cerebrale tra soggetti diversi. L'idea è di impiantare la memoria dell'agente ucciso nella testa di un individuo da cui poi recuperarla attraverso i ricordi. A presentare caratteristiche idonee all'esperimento, ossia un lobo frontale non sviluppato, è il pericoloso carcerato Jericho Stewart (Kevin Kostner). L'uomo è un criminale che non discerne il bene dal male, né è mai stato in grado di provare empatia proprio a causa di quella patologia derivatagli da un trauma infantile, ma, a questo punto, costituisce l'unica possibilità che gli agenti segreti americani hanno di sventare futuri attacchi terroristici.
La schizofrenica coabitazione di due personalità nella testa di Jericho è ben resa mediante alcuni flashback, scene sfocate in soggettiva, che interrompono di tanto in tanto il girato tradizionale. Ma l'evoluzione del protagonista attraverso quella colonizzazione neuronale è davvero approssimativa a livello di rappresentazione psicologica: il processo attraverso cui l'anaffettivo psicotico, che si esprime a grugniti, arriva a provare emozioni è appena accennato, così come la maniera in cui stringe rapporti con gli altri personaggi. Ad ogni modo, se si sorvola sulla mancanza di approfondimento e sulla poca credibilità di quel che viene raffigurato, il film fa il suo dovere: intrattiene come una spy-story dall'impianto narrativo classico, in cui la regia piuttosto adrenalinica e il ritmo sostenuto permettono alle quasi due ore di durata di scorrere via gradevoli e senza un attimo di noia. L'ottima fotografia e il valido cast, (tra gli altri, non ancora qui citati, anche Gary Oldman e la bellissima Gal Gadot), danno quel tocco in più in termini di piacevolezza a un prodotto di media qualità e tutto giocato in superficie.

Se cercate buon cinema di spessore resterete delusi, ma se avete voglia di trascorrere del tempo con un film d'azione vecchio stampo e non vi importa molto della caratterizzazione dei personaggi, purché li si veda coinvolti in un ventaglio di situazioni che va dalla scazzottata al sentimento nascente, sarete accontentati.

Commenti