Cultura e Spettacoli

La Cotillard bionda e svagata lancia la «rivelazione» Ayline

In «Gueule d'ange» è la disinvolta mamma di «Faccia d'angelo», una bimba dal fascino misterioso e malinconico

Stenio Solinas

da Cannes

«Faccia d'angelo» è come la mamma chiama Lilli, la sua bambina. L'ha avuta, Marlene, da un rapporto finito male, e che ha creato problemi con gli assistenti sociali perché lei beve troppo, fuma troppo, «draga» troppo, nel senso di una vita troppo promiscua. Talmente tanto che la sera stessa delle nozze che dovrebbero sancire l'inizio di una nuova vita, il neo-marito la becca nelle cantine del ristorante affittato per il ricevimento, mentre se la spassa con uno degli invitati. Il meno che si possa dire è che va tutto all'aria...

Naturalmente Marlene ama sua figlia, anche se è quest'ultima a cantarle la sera la ninnananna per farla addormentare: lei è sempre troppo nervosa e spesso troppo «bevuta» e, insomma, ci sta poco con la testa. Mentre Lilli è molto più matura rispetto alla sua età, ha cervello, dice di lei la mamma, «non sapevo di aver scopato con Einstein». Un bel giorno di carnevale, dopo l'ennesima notte brava, Marlene non torna a casa, se ne va con il nuovo amore incontrato in un locale notturno, mette la ragazzina in un tassì, promette di tornare, ma in pratica la lascia da sola: le sue amiche che dovrebbero tenerla d'occhio, sono della sua stessa pasta, inaffidabili e quindi la piccola dovrà arrangiarsi per conto proprio. Ha bisogno di calore, Lilli, ma come non lo trova nella casa di colpo vuota, così non lo trova a scuola, dove gelosie e invidie congiurano contro di lei. È stata scelta per fare la sirenetta nella recita finale, perché è stato il suo il componimento più bello sul tema, e poi per quel suo viso d'angelo e i lunghi capelli biondo-rame. Ma i bambini, si sa, sono crudeli e non fanno sconti: non ha il padre Lilli, la madre è scomparsa, è troppo silenziosa e «diversa» per non attirarsi l'ostilità infantile.

Guele d'ange, viso d'angelo, appunto, di Vanessa Philo, si regge per l'interpretazione di Marion Cotillard (Marlene) e della rivelazione Ayline Etaix, bambina che senza essere bella ha un suo fascino misterioso e malinconico. Musicista, qui al suo primo lungometraggio, la regista ha costruito una sceneggiatura su misura per l'attrice francese.

Imbiondita, la Cotillard illumina lo schermo con il fascino fragile di una donna che sente l'avanzare dell'età e tenta sempre e comunque di sfuggire alle responsabilità. Ci dev'essere, pensa e spera, una seconda chance, prima o poi pensa e spera, la ruota della vita girerà per il verso giusto. Albert Lenoir è Julio, la presenza maschile a cui Lilli si legherà una volta rimasta sola, un altro perdente della vita, una volta che, messo al tappeto, non ha saputo più rialzarsi. Ex tuffatore professionista, un trapianto di cuore l'ha relegato a fare da guardiano notturno di un luna park nella cittadina di mare dove tutto il film si svolge, i paesaggi della regione della Seynesur-Mer.

Funzionerà come una sorta di «deus ex machina», di angelo salvatore che rischia la vita per ripescare la bambina gettatasi in mare proprio come la sirenetta che avrebbe dovuto rappresentare e che invece all'ultimo momento la cattiveria degli altri bambini ha reso impossibile: le hanno imbrattato la faccia, strappato il vestito Ma il difetto di Guele d'ange sta proprio nella prevedibilità della storia e nell'eccesso di mélo che l'accompagna.

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