Cultura e Spettacoli

«Cronaca di un amore rubato» è un incubo, ma educativoIn scena oggi a Chieti la pièce tratta da Dacia Maraini

Dacia Maraini nel 2012 pubblica L'amore rubato presso Rizzoli. Un volumetto di racconti che denunciano abusi che la società si rifiuta di vedere. Illuminare la parte oscura del modello culturale maschile che pensa di possedere ciò che ama è un'attività cara alla scrittrice. Le donne, a loro volta, non dicono o rifiutano di vedere. I carnefici descritti dalla Maraini sembrano avere una doppia personalità: fuori educati, perbene, di buona famiglia, dentro aguzzini, stalker, assassini. Doppiezza e aggressività. Da qui prende le mosse lo spettacolo Cronaca di un amore rubato di e con Federica Di Martino in scena oggi al teatro Marrucino di Chieti. Veniamo al fatto: quattro liceali hanno sequestrato una ragazzina di tredici anni dai capelli rossi e hanno abusato di lei, per ore, lasciandola stordita e sanguinante. Sulla strada provinciale verrà soccorsa da un prete che passava di lì per caso in automobile e che la porterà al pronto soccorso. Si presentano in proscenio i balordi autori dello stupro. Sono al commissariato. Anche loro appaiono vittime inconsapevoli e amorfe; appartengono a una società tribale, perversa, che li protegge. E vediamo sfilare queste figurine di paese inebetite, ragazzini dannati, pesanti e smarriti, goffi e vuoti come i loro palloni che calciano nei campetti di periferia. Li dobbiamo osservare sotto la lente della dissoluzione contemporanea questi ragazzi, con padri assenti e insegnanti retrogradi e reazionari.
Il loro branco si muove al grido di due comandamenti: «non si ride di noi e il gruppo ha sempre ragione. E poi le ragazze sono provocatrici nate, portano gonne troppo corte. Se la cercano». Federica Di Martino affabula, narra, mostra, vive, danza sotto le note di un valzer dolente, composto per l'occasione da Giordano Corapi. L'attrice per mezzo di cappelli, una maschera di biacca tragica e alcune parrucche, incarna i personaggi della storia facendoli parlare con una singolare inflessione borbonica inventata(mezzo molisano e mezzo abruzzese). La scena è scarna, ricoperta di terra, delimitata da alcune piantane metalliche che sorreggono luci espressioniste. Tutto è epico e straniante.
Si esce da questo spettacolo come incantati da un sogno macabro di brividi ed emozioni. Speriamo che questo «incubo» teatrale di un'ora possa educare al rispetto.

Da non perdere.

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