Cultura e Spettacoli

"Denuncio la finanza corrotta ma non inneggio alla rivolta"

La regista racconta «Money Monster», film sul rapimento in diretta di un giornalista economico (Clooney) da parte di un truffato: «Ma è chiaro che non questa è la cosa giusta»

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C'è un film, in uscita il 12 maggio che potrebbe dare un'idea, e non delle più lecite, ai risparmiatori truffati da Banca Etruria. Il film s'intitola Money Monster e vede protagonista l'inossidabile coppia composta da Julia Roberts e George Clooney. Money Monster è un thriller ambientato nel mondo della televisione e legato alla crisi finanziaria che in troppi ci dicono essere alle spalle senza che lo sia davvero. La trama racconta di uno spregiudicato conduttore televisivo di un programma economico, interpretato da George Clooney, che viene preso in ostaggio, in diretta tv, da un giovane (Jack O. Connell, il protagonista di Unbroken di Angelina Jolie). Un'azione dettata dalla disperazione, per aver perso tutto a causa una serie di investimenti sbagliati suggeriti dal giornalista. Julia Roberts interpreta la produttrice dello show che farà di tutto per non far degenerare la situazione.

A dirigere il film è stata Jodie Foster, ormai sempre più determinata a proseguire nella veste di regista la sua cinquantennale carriera nel cinema.

Signora Foster, non so se è al corrente di cosa è recentemente successo in Italia, ma ha pensato alla possibilità di aver suggerito un'idea pericolosa a qualche risparmiatore truffato?

«Ci ho pensato sì, ma il mio film mette bene in chiaro che quello che fa il protagonista non è la cosa giusta. Non è facendo ostaggi che si ottiene giustizia dopo un torto subito. Il film è netto su questo punto ma la frustrazione è reale».

E il tema è decisamente attuale. In America come nel resto del mondo.

«Già, Money Monster racconta una storia ambientandola nel sistema finanziario di oggi, un sistema molto complicato, le cui stesse complicazioni sono state create per il vantaggio di pochi. È come una società segreta che permette agli intermediari di fare soldi ai danni di chi lavora e chi risparmia».

Non uno scenario piacevole: pensa ci possa ancora essere una via d'uscita?

«Io sono ottimista, non credo che il nostro sistema economico sia completamente sbagliato e corrotto. È certo indebolito dal fatto che non è sufficientemente regolato e che le poche regole sono fatte mettere in pratica dalle stesse persone che dovrebbero essere soggette a severi controlli».

Controlli che in realtà non esistono o sono pagati dagli stessi controllati. Ha visto La grande scommessa?

«Certo, grande film, ma non è lo stesso film. Quello di Adam McKay è un lavoro storico, che spiega la crisi immobiliare del 2008. Il punto di vista di Money Monster è diverso. Il mio film parla di un fallimento e di uomini che riescono a maneggiare le proprie paure e il senso di sconfitta. In ogni caso penso che ogni occasione per parlare di certi temi sia importante».

C'è un altro spunto in Money Monster che fa discutere. È la critica alla cosiddetta tv del dolore.

«E' un aspetto che mi premeva particolarmente. Nel mio film ci sono due uomini in uno studio televisivo, che mostrano in diretta il proprio dolore e per milioni di persone è solo puro intrattenimento e domani sarà dimenticato. Abbiamo accettato un mondo dove il dolore di alcuni è spettacolo per altri».

E dell'inossidabile coppia George Clooney-Julia Roberts che ci dice?

«Purtroppo non hanno recitato quasi mai insieme se non in due scene, all'inizio e alla fine del film. Per il resto li ho avuti sul set in momenti diversi. George Clooney è anche il produttore del film, quindi è tuttora coinvolto, ma sa distinguere molto bene i suoi diversi ruoli. Quando fa l'attore è attore e basta».

Lei recita da quando era bambina. È cambiata Hollywood?

«È cambiata. Non sono enormi progressi ma qualche progresso si è fatto, soprattutto in termini di parità di genere. Lavorare in questo ambiente negli anni Sessanta e Settanta era come stare in caserma. Erano tutti uomini. Non era facile per una ragazzina. Ora le cose sono cambiate, il set si è addolcito, ci sono più donne, c'è più diversità».

Non reciterà più?

«Scherza? Come potrei? Recito da quando avevo tre anni, recitare fa parte della mia vita. Come potrei farne a meno?»

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