Cultura e Spettacoli

Depardieu, un mito che invade la Croisette

Un film ("The valley of love") e un documentario su di lui: è l'eroe del giorno

Depardieu, un mito che invade la Croisette

L'immenso, anche fisicamente, Gérard Depardieu fa il suo ritorno in concorso al Festival e, naturalmente, si prende per intero la scena. Lo fa con un film non dei migliori, The Valley of Love , di Guillaume Nicloux, simile nelle tematiche e, ahimè, nei risultati, al The Sea of Trees di Gus Van Sant anch'esso in gara, spiriti, presenze, espiazioni e luoghi mitici ((The Death Valley americana, la giapponese foresta di Aokigahara), ma come al solito la sua interpretazione è da manuale e l'accoppiata con Isabelle Huppert è perfetta. In più la sezione Cannes Classics ospita quel Depardieu Grandeur Nature di Richard Melloul che è un ritratto dove Gérard si racconta senza trucco, lui, le sue sigarette, le sue risate, i lutti, le gioie e, naturalmente, i film, da Les Valseuses a Cyrano . E in più gli incontri, gli amori, gli amici scomparsi, Patrick Dewaere su tutti, le parole e la bulimia delle parole. Un periplo dal suo paese d'infanzia, Châteaurouge, con i suoi genitori, «il Dedé e la Gilette», sino a Calcutta, con Satyajit Ray, passando per Parigi e Michel Blanc, Truffaut, la Deneuve e l' Ultimo métro .

«Sono un collerico» dice di sé Depardieu, «tonitruante, vivo, rompiballe, ma innocente. Completamente innocente e interessato alla vita». Di The Valley of Love lo ha colpito «il paesaggio improbabile, un luogo visitato soltanto da turisti, inabitabile, alla frontiera del Nevada. E poi la sceneggiatura, un figlio morto suicida, il mistero di due lettere ai genitori da anni separati, in cui si promette un rendez-vous fra lui e loro. Mi piace il fantastico, Dumas ha scritto Les mille et un fantômes… I registi d'oggi cercano di giustificare la tua presenza con delle situazioni artificiali. Per questo giro poco. Qui si trattava semplicemente di esserci. E poi c'era un'équipe leggera, di persone intelligenti. Non si può vivere sul set con gente cogliona, specialmente nel deserto, a sessanta gradi di temperatura. Del resto io sono uno, come dire hors-champ , inclassificabile, lo sono sempre stato».

Trentacinque anni dopo Lolou , Depardieu torna a fare coppia con Isabelle Huppert. «Lei fa se stessa, una carriera allucinante e allo stesso tempo un senso di angoscia. Ha una bellezza che è solo sua, che quando si mette a sorridere è qualcosa di straordinario, come un volto appena lavato». Nel film, il fisico di Depardieu è esposto senza pudore, enorme, un'obesità che ferisce e che contrasta con la bellezza, per quanto segnata, del volto e la magia della voce. «Sì, e insieme però c'è un pudore immenso e il contrasto con Isabelle aggiunge magia al film. Lei è una che quando cammina condanna la terra con i suoi tacchi. Come quelli che mangiano in fretta, per non vedere ciò che mangiano. Perché condannano anche il cibo».

Lui è l'esatto contrario.

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