Cultura e Spettacoli

Dieci anni di tentativi, quattro ouverture e un capolavoro: "Fidelio"

Nell'unica opera teatrale di Beethoven l'eroe è il simbolo di speranza nella Giustizia. L'azzardo del maestro Daniel Barenboim aprirà domenica la stagione della Scala

Dieci anni di tentativi, quattro ouverture e un capolavoro: "Fidelio"

Quando va in scena Fidelio , l'unica «opera» per il teatro in musica di Ludwig van Beethoven, interpreti e pubblico si confrontano con la sua complessa gestazione. Quasi un decennio: dal 1805, anno della prima sfortunata rappresentazione, al 1814, anno in cui la terza versione si impose come anello fondamentale fra il Flauto magico di Mozart e il Franco cacciatore di Weber. La forcella delle date indica l'inscrizione nel ciclone bellico portato da Napoleone al cuore d'Europa. Attualità storica che ebbe i suoi influssi anche sulla storia del Fidelio . Infatti, Vienna, capitale dell'Impero austro-ungarico e città dove Beethoven risiedeva, non fu indenne dall'occupazione francese. Fidelio andò in scena il 20 novembre 1805, fra l'ingresso a Vienna dei Marescialli Murat e Lannes, dopo la sconfitta dell'armata austriaca a Ulm, e la folgorante vittoria di Napoleone ad Austerlitz.

Fuggita la nobiltà nelle campagne, a teatro ci vennero gli occupanti, disinteressati a una storia tratta dal vero: Léonore ou l'amour conjugal , opera del francese Jean-Nicolas Bouilly, «poeta delle lacrime», già accusatore pubblico durante il Terrore. Un soggetto già musicato con successo da Pierre Gaveaux e Ferdinando Paër. Per comodità ci riferiremo a questa prima versione, come al successivo rifacimento del 1806, con il titolo originario di Leonore - anche se sul libretto di Joseph Sonnleithner e sul manifesto della prima appariva come Fidelio (si impiegava il falso nome maschile con cui l'eroina Leonore s'introduce nel carcere per liberare il marito Florestan segregato in attesa di essere trucidato dal falso accusatore, Don Pizzarro, per evitare omonimie con le Leonore precedenti).

Se il primo fiasco di Leonore fu dovuto in parte alle circostanze storiche; il secondo (nonostante tagli sostanziali) venne ascritto al temperamento irascibile di Beethoven, che ritirò l'opera dopo un violento alterco con l'intendente-barone von Braun, reo di aver ricordato all'Autore che Leonore non faceva cassetta. Tanto bastò. Beethoven impedì ogni ulteriore rappresentazione. Quando, sette anni dopo, gli fu chiesto di rimontare l'opera al Teatro di Porta Carinzia, accettò a condizione di «aggiungere qualche contentezza alla scontentezza presente», di modificarla con l'ausilio del poeta e regista Friedrich Treitschke. Fra le varianti più importanti ci fu quella dell' ouverture . Ne aveva scritte tre: Leonore I (mai eseguita), Leonore II per la prima versione 1805 e Leonore III nel 1806. Alla vigilia della prova generale Beethoven andò a mangiare al suo ristorante preferito, il Römische Kaiser, appuntando sul verso del menu alcune idee. Il giorno seguente, alla convocazione dell'orchestra per la prima lettura della nuova e quarta ouverture, Beethoven era assente. Si corse a casa sua: dormiva. Sul pavimento, sparpagliati, c'erano i fogli della partitura della nuova ouverture in mi maggiore composta nottetempo. Non c'era tempo per copiarla: fu ascoltata a partire dalla replica del 26 maggio. Intanto Fidelio iniziava la sua irresistibile storia, alla quale rimasero legate le precedenti ouverture . Un'importante tradizione, forse risalente a Felix Mottl e Gustav Maher, inseriva Leonore III nel secondo atto, prima dell'arrivo del deus ex-machina , il ministro Don Fernando, che libera Florestan, appena sottratto dal coraggioso Fidelio-Leonore alle grinfie del suo accusatore Pizzarro che lo voleva morto. Un brano di tale bellezza da guadagnarsi immortalità nelle sale da concerto. L'inserimento nel corpo dell'opera però rallenta e anticipa lo scioglimento dell'azione (pur portando al direttore d'orchestra l'entusiasmo delle folle - alla Scala si ricorda ancora il finimondo di applausi che salutarono, dopo Leonore III , Leonard Bernstein ospite con l'Opera di Vienna nel 1978).

Per l'attuale edizione scaligera, Daniel Barenboim apre l'opera con Leonore II , preferendola alla ouverture di Fidelio , per la sua audace struttura riassuntiva, insistente sul tema dell'aria di Florestan incarcerato, quasi a sottolineare come Beethoven si fosse identificato profondamente con l'Eroe Prigione, simbolo di speranza nella giustizia.

L'ascolto dirà se la scelta del maestro Barenboim sia preferibile a quanto Beethoven predispose dopo tanti tormenti.

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