Cultura e Spettacoli

Ecco «Dalida», col suo fascino e i suoi misteri

Nel film biografico di Lisa Azuelos sulla cantante il ritratto di una donna solare ma complessa

Cinzia Romani

Illusione perfetta. Non è Dalida, regina della musica e icona pop dei Sessanta, ma Sveva Alviti, nel 2016. Rinasce al cinema, infatti, la cantante morta suicida il 3 maggio 1987, grazie al biopic di Lisa Azuelos, figlia della cantante e attrice Marie Laforet, che adesso dedica un film da lei definito «psico-disco» a quest'importante personaggio della scena musicale internazionale. E stasera, nello storico Olympia di Parigi, che vide i trionfi della star, si svolgerà l'anteprima mondiale di Dalida, omaggio cinematografico fortemente voluto dal fratello di lei, Orlando, qui produttore insieme alla Pathé. Sul tappeto rosso del tempio musicale parigino, dove la cantante nata al Cairo si esibì nel '56, sfileranno regista e interpreti: dalla romana Alviti, 31 anni, a Riccardo Scamarcio, nei panni di Orlando, a Jean-Paul Rouve, nel ruolo del marito di Dalida, Lucien Morisse. Si rinnovano, così, i fasti d'una carriera smagliante, ripercorsa dalla nascita della cantante, nel '33, alla sua prima esibizione all'Olympia, passando per il matrimonio con Morisse, patron della giovane Radio Europe 1. E poi, le serate a cantare disco-music, negli '80, i viaggi iniziatici in India, il successo mondiale nel '74, per il ritratto intimo d'una donna complessa e solare.

Lisa Azuelos intende il suo film come un modo per riabilitare Iolanda Cristina Gigliotti, in arte Dalida, dopo la sua morte. «Ho voluto darle l'estrema unzione. Che la si capisca, che la si perdoni per il suo ultimo gesto. La sua sfortuna è stata essere una donna moderna, in un'epoca che non lo era affatto!», spiega la regista, che a lungo ha creduto Dalida una rivale della mamma. Girato tra Francia, Italia e Marocco, con un budget di 15 milioni di euro, Dalida verrà distribuito da Rai Cinema l'anno prossimo. Intanto, in Francia lo si vedrà in 500 sale e poi sarà in Belgio. Il nome della modella Sveva Alviti non dice molto al pubblico italiano: la sua filmografia si riduce a piccoli ruoli in film italiani come AmeriQua, Buongiorno papà e Cam Girl di Mirca Viola, dove incarnava una ragazza pronta a concedersi via webcam. Mannequin sconosciuta in Francia, Sveva non sapeva il francese, né cantare o recitare. Sorriso fragile e forte, occhialoni, abito di paillettes, l'interprete appare luminosa all'esterno, ma torturata all'interno di un sé problematico.

A trent'anni dalla morte dell'artista, verrà riesumata anche la sua nota vicenda amorosa col cantautore Luigi Tenco (qui Alessandro Borghi), all'epoca del festival di Sanremo '67. Quando fece scalpore il suicidio del malinconico ventottenne, incompreso dall'industria discografica. Quel colpo di pistola al Savoy di Sanremo, dove alloggiava anche Dalida, resta un dramma inspiegabile. L'editore e scrittore Michele Piacentini, studioso di Tenco, spiega: «Quella di Tenco e Dalida è una storia che va scoperta.

Cinquant'anni di convinzioni e teorie di vario genere su Tenco e Dalida non sono facili da disossidare, nel pensiero della gente».

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