Cultura e Spettacoli

Esile, algida, problematica Alba è il volto di Venezia

La figura della Rohrwacher, che ieri ha presentato il primo film italiano in concorso "Via Castellana Bandiera", racchiude pregi e limiti della rassegna

Esile, algida, problematica Alba è il volto di Venezia

dal nostro inviato a Venezia

Un volto emblematico. Un ritratto simbolico e rappresentativo. Nel quale, in controluce, si può intravedere la filigrana della Mostra appena iniziata. «Mentre eravamo sul set, in quella viuzza stretta stretta, guardavo la gente e mi sembravano tutti degli alieni», ha raccontato ieri Alba Rohrwacher. «Invece, Emma mi ha detto: guarda che qui la vera aliena sei tu». In Via Castellana Bandiera, opera prima di Emma Dante e primo film italiano in concorso, la Rohrwacher interpreta Clara, una sorta di punkabbestia, mezza rasata e lesbica, fumettista di professione («E che è, un lavoro questo?», ironizza il ragazzino locale, gelataio). È così: dentro un vicolo della periferia palermitana più sgarruppata, alla Ciprì e Maresco per intenderci, il vero straniero della storia è proprio lei, la tormentata Rohrwacher. Perfettamente integrata, invece, l'attrice lo è qui al Lido, nel palinsesto di una Mostra che, sebbene partita con un paio di pellicole dai risvolti positivi, già da oggi non ci risparmierà le sue storie malinconiche, travagliate, scandalose.

Accompagnata da Rosa (la stessa Emma Dante) al volante della sua Multipla, Clara deve andare al matrimonio di un amico ma, causa una serie di disguidi, l'auto finisce in un budello, sorprendentemente a doppio senso di marcia, dove s'imbatte nell'irriducibile Samira (Elena Cotta), alla guida di una vecchia Punto con a bordo il rozzo genero e il resto della famiglia reduce dal mare. Nessuno intende cedere il passo e, affondando nella testardaggine più cieca, figlia degenere dell'onore e dell'orgoglio tipicamente siciliani, lo stallo si trasforma in un duello muro contro muro tra due donne, simbolo di altrettante generazioni e ceti sociali. L'ottusità impedisce di vedere davvero ciò che ci circonda e dietro l'angolo, anzi, davanti, è in agguato la tragedia. «Per me, però, si tratta di una tragedia che prelude a una rinascita», puntualizza la Rohrwacher quando le chiediamo se non abbia desiderio di qualche ruolo meno dolente. «Certo, in questo film tutto passa attraverso un sacrificio, un dolore. Ma è un dolore catartico, liberatorio, come si vede nella corsa finale degli abitanti del quartiere. Per me, poi, fare questo film e lavorare con Emma è stata un'esperienza più che positiva».

Ancora più tragica, se possibile, è la storia che la Rohrwacher interpreta per Costanza Quatriglio, pure lei regista palermitana, in Con il fiato sospeso, mediometraggio che vedremo domani fuori concorso, ispirato alla storia di un ricercatore di Farmacia dell'università di Catania, morto di tumore al polmone nel 2003, prima che i laboratori della facoltà venissero chiusi per inquinamento ambientale. Dando corpo a una docu-fiction dal contenuto altamente drammatico, la Rohrwacher risponde, con il nome di Stella, alle domande della regista sulla base del diario tenuto dal ricercatore. «Ma quella è tutta un'altra storia», replica lei stringendosi ancor più nelle spalle.

Esile, evanescente, emaciata, algida, incerta, problematica, l'attrice che già cinque anni fa Pupi Avati presentò qui al Lido nei panni della ragazza malinconica e squilibrata de Il papà di Giovanna (vincitrice del David di Donatello), poi giurata nel 2011 e l'anno scorso attivista del Movimento per la vita in La bella addormentata di Bellocchio, può essere considerata il volto davvero paradigmatico di questa edizione del festival. È solo una suggestione, probabilmente, un fatto estetico-psicologico, senza che questo sia preludio ad alcun premio finale. Anche perché in Via Castellana Bandiera, Alba è co-protagonista insieme alla stessa regista-attrice del film e a Elena Cotta che recita senza mai parlare. E, francamente, un premio collettivo alle tre donne sembrerebbe troppo.
Tuttavia, che la donna bionda-algida-tremante sia la figura di questo festival lo conferma anche la scelta di una madrina come Eva Riccobono.

Una versione più avvenente e glamour della stessa Rohrwacher.

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