Cultura e Spettacoli

"Faccio la dottoressa bisex e vorrei recitare con Muccino"

La protagonista di "Grey's Anatomy" si racconta e lancia una campagna del Wwf insieme a Fiorello

"Faccio la dottoressa bisex e vorrei recitare con Muccino"

L'american dream è tutto sul bel volto di Stefania Spampinato: non solo perché è bello, ma perché ha un'eleganza, come dire, intercontinentale. L'italianità la riconosci dai guizzi nello sguardo, la voce è figlia di una corretta dizione («il catanese mi esce ormai solo quando mi arrabbio»), i modi e l'estrema cura di ciò che dice è pura scuola hollywoodiana. Dalla Sicilia a Milano, da Milano a Londra, da Londra a Los Angeles: il viaggio è stato a tappe, ma la meta è stata centrata in pieno. Oggi Stefania - nel ruolo della dottoressa Carina DeLuca - è uno dei volti amati dell'ultima stagione, la 14esima, di Grey's Anatomy, serie medical drama tra le più longeve e amate dal pubblico di tutto il mondo, il cui ultimo episodio, Tutto di me, andrà in onda lunedì alle 21 su FoxLife (114 Sky)..

Stefania, come ci è arrivata in Grey's Anatomy?

«Con il più classico dei modi: un'audizione. Un'amica mi disse che c'era l'occasione. Ho mandato mail e curriculum ad almeno dieci agenti. Poi, quattro mesi di silenzio. Dopodiché uno di loro mi dice che c'è l'occasione per recitare in due episodi. Alla fine ne ho fatti sedici».

Il suo personaggio è particolare, e anche un po' piccante...

«Sono una ginecologa, sorella di Andrew DeLuca, interpretato dall'italo-canadese Giacomo Gianniotti: sono bisex e conduco ricerche sui recettori dell'orgasmo femminile presso il Grey Sloan Memorial Hospital».

Come si è calata nel personaggio?

«Il fatto che fosse italiana mi ha aiutato, ovviamente. In lei mi rivedo per le vedute molto aperte. Che fosse bisex mi gasava, mi divertiva già sulla pagina. Sul set è andato tutto bene».

Qual è il segreto di Grey's Anatomy?

«La sua diversità, il giocare tra comedy e drama, rappresentando una varia umanità. Il saper affrontare problematiche attuali in modo leggero ma non superficiale».

E dire che lei da bambina voleva fare la ballerina.

«Esattamente. E l'ho fatta, sin dall'età di sei anni. Per la danza professionale ho poi lasciato Belpasso, ai piedi dell'Etna, e ho raggiunto Milano, dove mi sono laureata in arte e spettacolo e ho fatto la ballerina viaggiando in tutto il mondo».

L'american dream l'aveva trovato qui: perché l'America?

«Perché sono un tipo irrequieto. Ho mollato la danza e sono andata a Los Angeles. I primi due anni facevo solo due cose: lavorare come cameriera e piangere. Avevo azzerato tutto. Ma guadavo avanti. Volevo recitare».

Lei è entrata a Hollywood proprio nella stagione del caso Weinstein: come l'ha vissuto?

«Se ne parlava molto sul set. Ma il fatto che la serie è il parto di una donna, la produttrice Shonda Rhimes, ha reso il nostro ambiente particolarmente sensibile. Oggi la campagna #metoo è un po' passata all'eccesso opposto, ma tutto si riequilibrerà».

Lei ha avuto qualche antipatica esperienza di questo tipo?

«Sì in Italia: avevo 17 anni, cominciai a piangere e la persona che avevo davanti si intimorì subito. Finì tutto lì».

Ci pensa all'Italia?

«Sì, lavorerei volentieri con Guadagnino, Sorrentino e Muccino».

Lei e Fiorello avete lanciato una campagna Wwf dal titolo siculo Arricugghiemu 'a plastica: com'è nata l'idea?

«Dal Wwf e da me: con Grey's Anatomy sono passata da 200 follower su Instagram a 170.000: ho sentito una responsabilità. Il tema della plastica nei mari a Catania è sentito.

Fiorello, mio idolo di gioventù, ha detto subito sì».

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