Cultura e Spettacoli

Fiato sospeso per un «Inferno» spettacolare

Catastrofico era un aggettivo di gran moda nel cinema degli anni Settanta. Ebbe grande popolarità con la serie Airport, quattro episodi contrassegnati, a eccezione del primo, dall'anno di immatricolazione. Ai disastri nei cieli, i produttori pensarono di aggiungere quelli su terraferma, il cui glorioso capostipite fu L'inferno di cristallo (21.15 La7). La solfa è più o meno la stessa, semplicissima per giunta. Un gruppo di persone, descritte con una certa abilità, inconsapevoli vittime di un pericolo incombente. Qui siamo a San Francisco. Che festa per l'inaugurazione del più alto grattacielo del mondo, una torre di vetro di 138 piani. L'architetto Doug Roberts (Paul Newman) guarda fiero a naso in su il suo gioiello, costruito con i soldi del miliardario Jim Duncan (William Holden) che però ha cercato di risparmiare anche sugli infissi. Storce infatti la bocca il capo dei vigili del fuoco Mike O'Halloran (Steve McQueen) che di lì a poco vedrà realizzato il sogno di tutti i pompieri, quelli di Viggiù compresi: un incendio di proporzioni ciclopiche. Si salvi chi può. Indubbiamente è un filmone spettacolare e avvincente, oltre che ruffiano, cui posero mano e portafoglio due colossi della cinematografia, Century Fox e Warner Bros, per una volta coalizzati, che si guadagnarono tre Oscar minori (fotografia, montaggio, canzone). Le fiamme illuminano volti di cari amici da tempo scomparsi, come il rude Steve McQueen, il finto cinico William Holden, l'elegante Fred Astaire.

Senza dimenticare le scollature da infarto della biondissima Faye Dunaway.

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