Cultura e Spettacoli

Il film fenomeno sul razzismo che svela i silenzi di Obama

La stampa radical presenta l'opera di Peele come il "primo film contro Trump". Ma è stato scritto prima dell'elezione

Il film fenomeno sul razzismo che svela i silenzi di Obama

È già stato definito, a torto, come il primo grande film dell'era Trump, facendo intuire, se mai ce ne fosse stato bisogno, cosa ci dovremo aspettare nei prossimi quattro anni di mandato presidenziale. Scappa - Get Out, horror in arrivo da giovedì nelle nostre sale, è un caso emblematico per riflettere sulla «strumentalizzazione a prescindere» che potrebbe accompagnarci fino a quando Trump sarà mr President. Per dire, Premiere, autorevole rivista di settore francese, ha pubblicato un articolo di presentazione della pellicola, nel suo ultimo numero di maggio-giugno, con un eloquente sottotitolo «Jordan Peele vs Donald Trump», con tanto di richiamo in copertina «Le premier grand film de l'ère Trump». Peele, acclamato comico americano, è l'autore e regista di questo gustoso titolo, diventato già il caso eclatante del 2017 su grande schermo. Costato meno di 5 milioni di dollari, la pellicola ne ha incassati, a domenica scorsa, 174.528.820. Un SuperEnalotto del grande schermo che ha già infranto alcuni record come quello di essere stato il primo film di uno sceneggiatore e regista afroamericano a incassare più di 100 milioni di dollari. Non solo: il thriller di Jordan Peele è l'opera prima di un regista e sceneggiatore, tratta da uno script originale, con il più alto incasso di sempre, battendo The Blair Witch Project. Vittoria non casuale, visto che a produrre questi due film è stato lo stesso re Mida, Jason Blum, l'uomo dei miracoli a basso costo. Tornando a monte, però, cosa c'entra Trump con questo thriller? Soprattutto, è giusto contrapporre autore e attuale Presidente? Bisogna andare a leggere il soggetto per cercare di capire la logica del collegamento. Protagonista della pellicola è infatti un fotografo afroamericano, Chris (cui dà volto il bravo Daniel Kaluuya). Il ragazzo, da cinque mesi, è fidanzato con la bianca Rose. Per lei è arrivato il momento di presentare il suo compagno ai ricchi genitori. Il problema, però, è che mamma e papà non sanno che il nuovo boyfriend della loro bambina è un ragazzo di colore. Piano, però, a leggere il film come una versione moderna di Indovina chi viene a cena. «Non ti preoccupare, loro non sono razzisti», assicura Rose. Infatti, all'arrivo nella sontuosa villa, il padre, cacciatore neocoloniale, e la mamma psichiatra si dichiarano elettori Democratici di Obama: «Avremmo votato per lui se si fosse ricandidato una terza volta». L'apparenza, però, inganna, e lo si capisce dalla domestica nera, che si muove come una alienata, e dal tuttofare, anche lui rigorosamente di colore, dallo strano comportamento. È solo l'inizio di una escalation che trasformerà, per il ragazzo, il fine settimana in un incubo a sfondo razzista. Rivelare gli ulteriori sviluppi della trama sarebbe un sacrilegio. È evidente, però, il messaggio che dietro la facciata di «buonismo» e accettazione, si nasconda, in settori impensabili americani, un razzismo mai cancellato, dal quale non sono immuni anche alcuni Liberal che hanno votato, convinti, Obama. Però, è bastato che il film fosse distribuito tre mesi dopo l'elezione di Trump per considerarlo un atto di accusa nei suoi confronti. A precisa domanda, posta a Peele, sul già citato Premiere, a proposito del clamoroso successo al botteghino rapportato alla elezione del candidato Repubblicano, l'autore ha risposto: «Io ho scritto il film nell'era di Obama, in un'epoca nella quale era forte il desiderio, nel paese, di cancellare ogni discorso sul razzismo. Lo stesso Obama sembrava incapace di parlarne, senza dubbio per il timore di essere etichettato come il Presidente nero in collera. Nell'America di Trump, bizzarramente, è diventato normale parlare di razzismo». In pratica, una modifica di intenti in corso d'opera. Un atto di accusa contro la pax sociale di Obama, trasformato in un manifesto contro il «razzismo trumpiano». Era dal 1968 che il razzismo non entrava in un film horror (La notte dei morti viventi), ma questo viene trattato in modo più sottile, intelligente, attraverso gli stereotipi che accompagnano, da sempre, i neri (a letto, nella resistenza fisica, ecc.). Un razzismo al contrario, ma non meno efficace. Get Out è un gran film, divertente, sorprendente, sottile.

Non serve tirarlo per la giacchetta.

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