Cultura e Spettacoli

Il film del weekend: "Veloce come il vento"

Un emozionante e ben congegnato film di genere, incentrato sui legami familiari e ambientato nel mondo delle corse automobilistiche

Il film del weekend: "Veloce come il vento"

Battezzare in fretta il nuovo film di Matteo Rovere, "Veloce come il vento", come una sorta di "Rush" o "Fast and Furios" all'italiana sarebbe fuorviante e anche, in qualche modo, irriguardoso nei confronti di una pellicola che ha in comune con le suddette l'ambientazione nel mondo delle corse ma, per il resto, ha un sapore tutto suo, ben definito e che si fa ricordare. Racconta di un fratello e di una sorella che si ritrovano in occasione della morte del padre e sono costretti a fare squadra per non perdere la casa di famiglia. Lei, Giulia (la giovane esordiente Matilda De Angelis), è una 17enne pilota del Campionato GT, mentre lui, Loris (Stefano Accorsi), maggiore di diversi anni, è un tossico ed ex asso dei rally. Mettere da parte le incomprensioni e unire l'esperienza dell'uno alle energie dell'altra è l'unica speranza che hanno di vincere la stagione, salvarsi economicamente e non veder affidare il fratellino Nico (Giulio Pugnaghi) ai servizi sociali.

Matteo Rovere, che del film è anche sceneggiatore con Filippo Gravino e Francesca Manieri, ha preso spunto dalla vicenda biografica di un pilota, Carlo Capone, raccontatagli da un meccanico scomparso l'anno scorso, e l'ha trasformata in una piccola grande epopea familiare pregna di sentimenti e motori.

Il mondo delle corse qui rappresentato è credibile grazie a scene ad alta velocità riprese tutte dal vero, con l'impiego di stuntmen anziché di effetti speciali. Non ci sono solo continui riferimenti a dettagli tecnici ma anche all'epica e alla poesia sui generis, caratteristici di tanti che si muovono abitualmente in questo habitat. Ad accomunare gli estimatori della velocità sembra essere, nel film, la fame di vita: quella che porta a prendersi dei rischi, talvolta a perdersi, ma che spesso si accompagna anche a un indomito desiderio di rivincita nascosto da qualche parte. Ci si appassiona a quanto accade ai De Martino. Si sente un po' della loro adrenalina, si respira la loro passione sognante così come si rimane coinvolti dalla drammaticità di molte delle circostanze che li coinvolgono. E' un'esperienza atipica avere a che fare con Loris, drogato dai denti marci che si atteggia a innocuo spaccone ma è in realtà una mina vagante. Nei panni di questo perdente disperato ma dalla simpatia innata, Accorsi dà forse la miglior prova della carriera. Tornato nelle sue terre e rispolverato l'accento emiliano degli esordi, l'attore si presenta dimagrito di undici chili per la parte. Gigioneggia carismatico e sopra le righe tutto il tempo ma mai a sproposito perché, per una volta, il suo stile recitativo si sposa perfettamente con quanto richiesto. La narrazione ha toni calibrati e il dramma viene stemperato ora con qualcosa di spettacolare, ora di accattivante o, perché no, di divertente. Il montaggio è abile e piuttosto serrato.

Dimenticate quindi i fallimentari lavori precedenti, "Un gioco da ragazze" e "Gli sfiorati", perché alla sua terza prova il giovane Matteo Rovere, cimentandosi con un film di genere, regala una piacevole sorpresa: un'opera insolita e ambiziosa, non priva di difetti, ma girata con intelligenza e sensibilità.

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