Cultura e Spettacoli

Fonda & Redford: leoni d'oro innamorati a ottant'anni

I due grandi attori ieri ospiti d'onore. Lei sorprende lui: "A vent'anni volevo stare con te". Lui: "Il nostro ultimo film"

Fonda & Redford: leoni d'oro innamorati a ottant'anni

da Venezia

Il Grande Gatsby e Barbarella sono invecchiati. E noi con loro. Our Souls at Night è il film che hanno scelto per dire a dirsi addio, anche se per Barbarella, al secolo Jane Fonda, non si può mai sapere: ha avuto mille vite, è passata dal comunismo all'aerobica e, insomma, mai dire mai... Quanto al Jay Gatsby per eccellenza (con buona pace per Di Caprio e qualche rimpianto per Alan Ladd), ovvero Robert Redford, il suo non voler più recitare lo si può dare per definitivo: «Nel mestiere d'attore ci sono troppi tempi morti, troppe attese. E io non ho più troppo tempo da perdere».

Sull'invecchiare, che è il tema dominante di Our Souls at Night, la solitudine che prende il posto degli affetti, l'amore che non ha più il suo fisico appagamento, i due hanno opinioni differenti. Jane è inguaribilmente ottimista: «Invecchiando l'amore migliora - dice convinta - e Robert bacia ancora benissimo», anche se ha superato gli ottant'anni. Redford sorride, ma preferisce affrontare il tema da un'altra angolazione: «E il dover stare attento, la cosa che più colpisce. Hai sempre usato il tuo fisico come se fosse inesauribile e a un certo punto cominci ad accorgerti che non è più così. E' una sorta di restrizione, non puoi più dare per scontato ciò che prima facevi in modo assolutamente naturale. Questo ti limita, anche dal punto di vista creativo».

Nel film, presentato ieri fuori concorso e con grandi ovazioni e commozione del pubblico, sono due vedovi, oramai soli. Lei è rimasta per sempre segnata dalla morte della figlia, ancora una bambina, investita da un'auto mentre giocava con il fratellino. Il suo matrimonio è andato in pezzi allora. Quanto a lui, insegnante in pensione, ha ricucito a fatica il suo, dopo una sbandata sentimentale, ma niente è stato più come prima e a soffrirne è stata soprattutto l'unica figlia, che quel padre adorava e da quel padre si è sentita tradita. «Essere genitori da giovani è un problema» confessa Redford. «Sei troppo concentrato su te stesso, non hai pazienza. Ti illudi che in seguito potrai rifarti, ma non è così». Nel film, Jane Fonda è una donna «che cerca di recuperare il rapporto con il figlio, da lei senza volerlo colpevolizzato per quel lontano incidente. Proprio per questo farà alla fine una scelta di sentimenti e di legami familiari, piuttosto che egoistico-individuali».

Mostri sacri dello star system hollywoodiano, di cui però hanno sempre fatto parte in modo non conformista, la consegna l'altra sera del Leone d'oro alla carriera è la celebrazione di oltre mezzo secolo di attività.

Il primo film che li vide insieme era La caccia, di Arthur Penn, nel 1965, due anni dopo sarebbe stata la volta di A piedi nudi nel parco, ancora oggi un classico delle «sofisticated comedies». Alla fine degli anni Settanta, Sydney Pollack li avrebbe ancora una volta riuniti in Il cavaliere elettrico, parabola amara sul successo e sull'ecologia. In mezzo e dopo c'è un po' la storia del cinema americano: due Oscar Jane, per Una squillo per l'ispettore Klute e Tornando a casa; un Oscar come regista per Robert, con Gente comune, e una sfilza di titoli memorabili: I tre giorni del Condor, Corvo rosso non avrai il mio scalpo, La stangata, L'uomo che sussurrava ai cavalli.

«Era bellissimo, anzi è bellissimo», commenta la Fonda: «In A piedi nudi nel parco faticavo a non mettergli le mani addosso. Ma sì, ero innamoratissima, anche se ciascuno allora ha preso poi la sua strada. Mi ricordo che quando girava per gli studi della Paramount, era tutto un mormorio, un eccolo, eccolo, è lui. Si capiva che aveva qualcosa di speciale». Redford ringrazia e divaga: «Lavorare con Jane è sempre stato piacevole, oltre che semplice. Ci siamo capiti fin dall'inizio, fra noi non ci sono mai stati problemi e mi è sembrato naturale voler chiudere la mia carriera d'attore con lei».

Emblemi di una certa America liberal, entrambi sono per motivi diversi la conferma che, di là da una questione d'età, la loro, sia il cinema a essersi intanto fatto piccolo. Chi oggi volesse però da loro qualche dichiarazione politica, resterebbe deluso: «Questo è un festival cinematografico - dice seccamente Redford - e io non mischio l'arte con la politica». Il regista di Our Souls at Night è Ritesh Batra, una delle tante scoperte del Sundance Film Festival fondato da Robert Redford: «Mii piace l'idea di offrire delle chances, delle possibilità. Sotto questo aspetto, anch'io sono un ottimista. Credo in quello che faccio»..

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