Cultura e Spettacoli

Le fotografie perdute e ritrovate del soldato Bauer

Stefano Giani

Riccardo aveva diciott'anni nel 1914 e di cognome faceva Bauer. Era boemo e visse l'interventismo con l'animo controverso di chi detestava un impero pervicace nell'impedire la libertà e lo sviluppo culturale delle singole nazionalità, evitandone il riconoscimento. Eppure quell'impero era casa sua. Il giovane Bauer apparteneva all'Austria Ungheria, ma fece della dissidenza la sua bandiera. Con il fratello Augusto affrettò le pratiche per la naturalizzazione italiana, alla quale seguì la domanda di arruolamento volontario. Si tenne pure quel cognome che, in caso di cattura, gli sarebbe costato la forca. In altre parole, dal fronte avverso, veniva considerato un traditore della patria. L'Impero. E combatté per l'Italia.

Una notizia però era destinata a sorprendere il soldato Bauer. La classe 1896 era esclusa dall'arruolamento volontario. Quello che inizialmente non fu possibile, lo divenne qualche mese dopo. E Riccardo partì. Tornò pure e non da solo.

Alla Società Umanitaria di Milano, che - a guerra finita - avrebbe diretto fino al 1924, è riemerso un fondo, composto di cinque faldoni che comprendono centinaia di lettere, cartoline e fotografie (alcune delle quali, inedite, sono proposte in questa pagina) di un conflitto che gli sarebbe costato l'udito da un orecchio mentre combatteva sul fronte carnico e le gravissime ferite sul monte Tomba, durante la ritirata di Caporetto. Un materiale esclusivo che andrà a far parte della mostra Dai campi di battaglia. Fotografie e corrispondenze inedite di Riccardo Bauer in programma dall'8 novembre (inaugurazione fissata per le 18) al 22 novembre nel Salone degli affreschi dell'Umanitaria, a Milano.

Immagini che parlano, come le lettere che scrisse alla famiglia tra sogni e ambizioni. «Non ho nessuna voglia di arrivare a cose finite per far la figura del clown del circo» appuntò durante il ricovero in ospedale dopo quel proiettile «amico». La convalescenza non faceva per lui. «Li voglio veder scappare» annotò il 1° novembre 1918 pochi giorni prima che l'inutile strage cessasse davvero. Se ne tornò con quel baule di immagini che rendevano immortali tanti giovani più sfortunati di lui. «L'avvenire è pieno di lotte, lo intravvedo burrascoso, specialmente per le nazioni nemiche e certamente non potremo starcene con le mani in mano» profetizzò a guerra ormai finita.

E nel '40 un'altra bufera sconvolse il mondo.

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