Cultura e Spettacoli

Da Fourier a George Sand ecco gli antisemiti di sinistra

Un saggio di Michel Dreyfus racconta con coraggio le tendenze anti ebraiche del socialismo francese

Da Fourier a George Sand ecco gli antisemiti di sinistra

Quando si pensa all'antisemitismo è quasi automatico pensare al nazismo o a un certo tipo di destra. Ma è davvero così? No, esiste un antisemitismo di sinistra che però è stato spesso ficcato sotto il tappeto della Storia. E non si tratta solo delle persecuzioni contro le religioni, compresa quella ebraica, nella Russia dei soviet o sotto Stalin. Esiste un antisemitismo di sinistra ben più antico e pernicioso che la maggior parte degli studiosi si è guardata bene dall'evidenziare.

Ha fatto una scelta diversa lo storico francese Michel Dreyfus, grande esperto di movimenti operai, che ha pubblicato un saggio coraggioso: L'antisemitismo a sinistra in Francia. Storia di un paradosso (1830-2016). Il volume (e-book 6,99 euro, print on demand 13,51 euro), pubblicato in Italia dall'associazione Free Ebrei e tradotto da Vincenzo Pinto, prende in esame il caso francese, che è emblematico. Soprattutto tenendo conto che Oltralpe hanno vissuto molti dei più noti socialisti utopisti. Ecco, è proprio tra le loro fila che si scoprono un gran numero di antisemiti a sorpresa.

Dopo la caduta di Napoleone, la Francia iniziò ad avere un nuovo periodo di vivacità economica e nel sistema bancario e imprenditoriale non mancavano nomi ebraici. Questo poco aveva a che fare con le condizioni economiche della maggior parte degli ebrei francesi. Ma tanto bastò a molti socialisti per tirar fuori, rinfrescandoli, i peggiori stereotipi medievali sull'usuraio ebreo. Attaccare il capitalismo e attaccare gli ebrei divenne un tutt'uno. Pierre Leroux (1797-1871), forse addirittura il coniatore del termine «socialismo», in De la Ploutocratie del 1843 si esprimeva così: «I più grandi capitalisti di Francia... Ebrei che non sono cittadini francesi, semmai aggiotatori cosmopoliti». Il suo bersaglio principale era il banchiere James de Rothschild (1792-1868), ma rapidamente il focus dell'odio si allargò a tutti i suoi correligionari. E la sua excusatio di non attaccare gli ebrei in quanto individui, bensì lo «spirito ebraico, cioè lo spirito di guadagno, di lucro, di utile» lascia, ovviamente, il tempo che trova.

La famosa scrittrice George Sand, a lui vicina, sposò e propalò le stesse tesi persino in una pièce teatrale del 1840, Les Mississipiens. L'autrice mette in scena un finanziere ebreo, Samuel Bourset, che ritrae come un essere repellente. Non erano casi isolati. Sono fortissimi gli stereotipi anti ebraici anche negli scritti di Charles Fourier (1772-1837). Nel Nouveau Monde industriel se la prende con la Rivoluzione francese per aver emancipato gli ebrei. Situazione che lui avrebbe voluto risolvere a colpi di esproprio proletario e lavoro coatto: «Ogni governo attento ai buoni costumi dovrà obbligare gli ebrei al lavoro produttivo, non ammetterli che nella proporzione di un centesimo nel vizio: una famiglia mercantile ogni cento famiglie agricole e manifatturiere».

Anche Pierre-Joseph Proudhon (1809-1865), uno dei padri dell'anarchismo, dimostra di essere accecato dal preconcetto anti ebraico: «Ebrei, fare un articolo (di legge, ndr) contro questa razza che infetta qualsiasi cosa, che si infila dovunque senza mai fondersi con un altro popolo. Richiedere la loro espulsione dalla Francia, eccetto gli individui sposati con francesi; abolire le sinagoghe, non assumerli in alcun posto lavorativo, perseguire infine l'abolizione di questo culto». Come si vede un programma che non avrebbe sfigurato in un discorso hitleriano.

Certo, nella sinistra francese il clamoroso caso delle accuse false contro il capitano di Stato maggiore, di religione ebraica, Alfred Dreyfus (1859-1935) finì per portare a posizioni decisamente diverse verso l'ebraismo. Ma il saggio dimostra come i preconcetti anti ebraici rimasero ampiamente sotto traccia. Se tutti ricordano il famoso J'accuse di Émile Zola, va detto che molti socialisti restarono tiepidi verso la vicenda. Il Partito Operaio Francese, a esempio, e i suoi organi di stampa oscillarono a lungo tra l'indifferenza e l'ostilità verso Dreyfus. Tanto che nel 1898 intervenne il socialista libertario Adolphe Tabarant (1863-1950) ad esortare i suoi compagni a non cadere nell'«antisemitismo imbecille».

Né la situazione era completamente risolta alle soglie della Seconda guerra mondiale. Le componenti della Sezione Francese dell'Internazionale Operaia più fortemente pacifista accusava i governi francesi di contrapporsi a Hitler in quanto al soldo dell'«internazionale ebraica». Così Ludovic Zoretti (1880-1948): «Il popolo francese non ha alcuna voglia di vedere una civiltà annientata e milioni di esseri umani sacrificati per rendere la vita più confortevole a centomila ebrei della regione dei Sudeti». E anche dopo la guerra non mancarono confusioni tra posizioni politiche ostili a Israele e posizioni anti ebraiche.

Insomma, leggendo il saggio di Michel Dreyfus viene da chiedersi se le attuali polemiche sulla ripubblicazione di Céline abbiano senso.

Semmai avrebbe senso ristudiare tutto l'antisemitismo, anche quello su cui la sinistra preferisce far finta di nulla.

Commenti