Cultura e Spettacoli

Franco Cordelli, come riavvolgere i fili sottili dell'esistenza

Andrea CateriniSe per assurdo provassimo a sottrarre a tutti i problemi su cui l'uomo si è interrogato Dio, la morte e la vita, il mondo la nostra relazione con questi, il nostro bisogno di attribuirgli un senso; se quei problemi non fossero altro che problemi, o entità fuori da ogni fenomenologia, che cosa sarebbero? Probabilmente smetterebbero d'essere. E il discorso potrebbe essere anche invertito: cosa sarebbe l'uomo senza la relazione a questi problemi, senza l'esigenza di cercare per questi un significato? E non è questa necessità di relazione, e quindi di tensione tra noi e il mondo/Dio/la vita e la morte, il principio stesso della realtà?Franco Cordelli, che torna con un nuovo romanzo, Una sostanza sottile (Einaudi, pagg. 264, euro 21) ha sempre composto i suoi libri come architetture edificate attraverso un sistema non tanto logico, quanto piuttosto geometrico, mentale, e quindi interrogativo. Cordelli, attraverso la moltiplicazione degli interrogativi, edifica e allo stesso tempo frantuma la realtà. Ma se la frantuma, se continuamente la tradisce, è per una forma di fedeltà a quella relazione di cui parlavo. Per questo è impossibile chiedere, ai suoi libri, una storia, o un personaggio definito. I suoi personaggi sono invece allusivi, o, di nuovo, mentali. Non proiezioni però. Sono menti al lavoro, in tensione. In questo senso ogni libro di Cordelli è autobiografico, perché cosa c'è di più vero, di più intimo, di una mente a lavoro? Viene voglia di dire che quella sostanza sottile sia una continua oscillazione, uno stare dentro e fuori la vita.Ma non è l'autore in questo romanzo a parlare, ma sua figlia, Irene, che interpreta i ricordi, i segni della vita di uno scrittore di romanzi (che sono poi gli otto romanzi precedenti di Cordelli), i tre mesi di malattia che lo hanno visto approssimarsi alla morte. Mano a mano che ci addentriamo in questa geometria, capiamo però che Irene è la mente stessa dell'autore alla quale si confessa o concede e che il padre chiama la versione «cubista» di sua madre, come dire il desiderio e un'antica promessa che hanno preso forma, ancora una geometria. E Irene, cioè la mente, è figlia e madre insieme: la donna desiderata ma inviolabile, colei che si può ingannare senza mai poter tradire.

Irene è una teoria incarnata, il corpo doloroso del romanzo, è l'opera che testimonia l'esistenza dell'autore, l'anima di colui che l'ha generata: una sostanza sottile.

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