Cultura e Spettacoli

Furbate, droga e rigore Così i Rolling Stones diventarono "i balordi"

Rich Cohen racconta l'epopea di ragazzi partiti male ma diventati i più grandi del rock

Furbate, droga e rigore Così i Rolling Stones diventarono "i balordi"

Si faceva chiamare Elmo Lewis, e l'ultimo regalo che il sobborgo di Cheltenham gli fece fu un tubo d'acciaio raccolto tra un mucchio di rottami. Cominciò così a strofinarlo sulle corde della chitarra e a riprodurre il downhome blues, quello che da Robert Johnson passava per Elmore James. Si fece una solida fama a Londra ed entrò nel giro di Alexis Korner, il bluesman più celebre d'Inghilterra. Quel ragazzo era Brian Jones, la futura anima dei Rolling Stones. Anche se Jagger e Richards gli rubarono la leadership (e Richards anche la donna, Anita Pallenberg), la coppia glamour che piaceva ai media. Quella coppia così diversa, il primo nato con i soldi, il secondo proletario duro e puro. Si dice che Jagger amasse il blues come lo ama un figlio di papà, come un hobby. Keith lo amava come un malato ama la penicillina: come la sua unica speranza. Sono questi i presupposti del libro Rolling Stones. Rock'n'Roll Love scritto da Rich Cohen, al fianco degli Stones dal 1994. C'erano i «bravi» Beatles e i «cattivi» Rolling Stones. «Quando uscimmo, i Beatles si erano presi l'immagine dei buoni, per cui a noi cosa restava?», sottolineava Richards. L'immagine dei balordi, ovvio. A questa provvide il manager Andrew Loog Oldham con uno storico servizio fotografico in riva al Tamigi dove la band ha quel look «andate affanculo, mi sono appena svegliato», come dice Oldham. «Andrew organizzava le bravate - ricorda Richards -. Sai che se ti presenti al Savoy senza cravatta ti buttano fuori. E allora lui ci mandava apposta, e come previsto ci cacciavano, e la foto di noi che venivamo scortati all'uscita finiva su tutti i giornali. Era divertente».

Ma poi c'era la musica... Quella grande musica che però partì col piede sbagliato, nel maggio 1963, con un pugno di orrende canzoni guidate dal singolo Come On, pessima cover di Chuck Berry. Ci volle ancora tanto lavoro, tanta rabbia, tanta droga per arrivare ai capolavori. Erano firmati Jagger-Richards ma erano frutto di una collaborazione collettiva che si traduceva in puro rock blues ai mitici Olympic Studios dove Charlie Watts picchiava su una specie di batteria di cuscini, dove Jagger e Richards - come avveniva ai tempi d'oro della Sun records - suonavano in bagno per ottenere l'eco giusta. Lì, nel 1968, nacque il loro capolavoro Beggars Banquet...Lì «come la sonorità scaturì da quello studio particolare, così i brani sgorgarono dal periodo storico in cui furono creati». C'è ad esempio il classico Street Fighting Man, nato dalle manifestazioni contro la guerra in Vietnam, a una delle quali Jagger (come parentesi di azione in una vita altrimenti indolente) si unì il 17 marzo 1968. Ci furono anche brani nati da brutte avventure, come Dandelion, la cui incisione fu interrotta dall'arrivo della polizia. Racconta Glyn Johns: «Mick stava fumando un cannone. Ebbe un colpo di genio. Lo nascose dietro la schiena e disse:Secondo me su questo pezzo ci servono due bastoni battuti all'unisono, tipo due clave. Ehi, che ne dite di questi?, risposero i poliziotti tirando fuori i manganelli. E così la scampò registrandoli sul disco».

Eppure gli inizi furono durissimi. Jagger e Richards erano performer di blues, non autori, e Oldham li rinchiuse in un appartamento di Chelsea con l'ordine perentorio: «Non uscite senza una canzone». «Non ero un compositore - ricorda Richards -; suonavo la chitarra, mi esibivo dal vivo. Ma Andrew non lo capiva». Insomma non erano autori nati come Lennon e McCartney e all'inizio scrissero ballate del tutto inadeguate all'immagine che Oldham aveva creato per loro, come It Should Be You. Arrivò così Tell Me, il primo brano originale degli Stones, presentato agli altri membri della band otto mesi dopo che i due erano stati chiusi nella casa di Chelsea. Un brano autobiografico, vite rivelate di due giovani rockstar, ma non è il testo che ricordi, «è la minaccia che si cela dietro le parole, Keith e Brian che cantano in sottofondo, le chitarre, la cacofonia di un gruppo abituato a suonare nei piccoli locali. La produzione è rudimentale, come se una manica di furfanti avesse occupato abusivamente lo studio di registrazione», il che dona al pezzo la forza che caratterizzerà i Sex Pistols e i Clash successivamente. Perfino l'inno Satisfaction (che nacque una mattina del 1965, quando Richards si svegliò e scoprì che il suo registratore durante la notte aveva registrato un riff da lui suonato), il cui titolo è ispirato a una frase di Chuck Berry, fu tenuta in un cassetto diverse settimane e fu completata da Mick che aggiunse gli accordi, il ritornello e il bridge sul bordo della piscina del Fort Harrison Hotel di Clearwater, gestito da Ransom Olds, colui che ha dato il nome alla Oldsmobile (oggi è il quartier generale di Scientology).

Insomma il libro mette insieme gioie, dolori e aneddoti della più grande r'n'r band del mondo, formata da cattivi ragazzi odiati e al tempo stesso amati da tutti, compreso Frank Sinatra che durante una seduta d'incisione di The Voice chiacchierarono amabilmente e in confidenza per tutto il giorno. In fondo i due erano uguali. «Hanno cavalcato l'onda del loro Zeitgeist emulando il genio musicale dei neri d'America. Sono stati selvaggi e pericolosi da giovani, pacati e saggi da vecchi; una volta raggiunta una certa età hanno dovuto imparare a fare intenzionalmente ciò che prima facevano per istinto. Entrambi hanno avuto una grossa delusione d'amore e l'hanno espressa in una canzone; hanno vissuto alti e bassi, sbronze e crisi di astinenza...

».

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