Cultura e Spettacoli

Garrone esplora le spirali della follia

Dogman: il film in concorso a Cannes ispirato a una storia vera

Garrone esplora le spirali della follia

Ispirato a un celebre fatto di cronaca nera della Roma anni Ottanta, Dogman, di Matteo Garrone, oggi in concorso, racconta la storia di Marcello, «toelettatore per cani» nella periferia della capitale. È un uomo mite, ben voluto da tutti, che sconta la sua amicizia per Simoncino, un ex pugile drogato che è un po' il ras del quartiere. Suo malgrado, finisce per divenirne complice e insieme vittima, in una spirale di tradimenti e umiliazioni che farà da esca alla sua successiva, agghiacciante vendetta...

«Per fare questo film - ha raccontato Garrone - sono partito, come sempre mi accade, da una suggestione visiva, un'immagine, un rovesciamento di prospettiva: alcuni cani che in una gabbia assistono come testimoni all'esplosione della bestialità umana. È un'immagine che risale a una decina di anni fa...»

Più che un film sul senso di vendetta o sul tema della lotta fra il debole e il forte, con Dogman Garrone ha voluto affrontare un tema che ci riguarda tutti: «Le conseguenze delle scelte che facciamo giornalmente per sopravvivere, dei sì che diciamo e che ci conducono a non potere più dire no, dello scarto fra ciò che noi siamo e ciò che pensiamo di essere».

Fra le fonti di ispirazione di questo film c'è anche, probabilmente, un libro di Vincenzo Cerami, Fattacci, da cui Garrone aveva già tratto ispirazione per il suo L'imbalsamatore. Rispetto alla storia vera del «canaro della Magliana» Pietro De Negri e di Giancarlo Ricci, il suo persecutore finito orribilmente torturato e ammazzato, Garrone tiene a sottolineare come «tutto sia stato trasfigurato, a cominciare dai luoghi, dai personaggi, dalle loro psicologie». Importante, nel film, è la scelta del suo protagonista, Marcello Fonte, un volto dolce e antico che sembra provenire da un'Italia in via di scomparsa.

Grazie a lui, Garrone ha potuto raccontare una storia, se si vuole, anche di liberazione illusoria, «perché il suo quartiere e in fondo il mondo circostante resteranno tali e quali, e soprattutto indifferenti».

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