Cultura e Spettacoli

Ginzburg, Morante, Parise Le memorie di Adriana (Asti)

L'attrice racconta i suoi amici scrittori. E quando chiese a «Natalia e Elsa» di comporre una pièce...

Ginzburg, Morante, Parise Le memorie di Adriana (Asti)

Non so come mi sia venuto in mente, ma a un certo punto ho iniziato a chiedere a diversi amici scrittori di inventare un testo teatrale per me: «Perché non scrivete per il teatro?».

Alberto Moravia aveva appena ultimato una pièce su Beatrice Cenci, che non era straordinaria ma che mi incoraggiava a insistere.

«Potreste scrivere anche voi...» dicevo a Elsa Morante e a Natalia Ginzburg, che non avevano mai lavorato su un testo teatrale in vita loro.

Elsa reagì indignata: «Per carità! Che orrore il teatro italiano!». Era fatta così: aveva il dono della sincerità senza mezze misure. Possedeva un temperamento irruento e radicale. E per lei il teatro era volgare. Trovava intollerabile anche Pirandello.

L'unica ad accogliere il mio invito fu Natalia, che scrisse per me Ti ho sposato per allegria. All'inizio, però, era un po' dubbiosa sul risultato. Sosteneva di saper scrivere solo frasi tipo: «Piero, dov'è il mio cappello?». Ma io replicai che era perfetta come prima battuta e lei proseguì.

***

Ti ho sposato per allegria ebbe un successo straordinario: è una delle commedie italiane più rappresentate nel mondo. Elsa, però, rimase della sua idea. Del resto, lei e Natalia avevano caratteri e storie personali molto diverse. Elsa non era cresciuta in un ambiente culturale paragonabile a quello di Natalia, il cui talento era stato coltivato nella discrezione. La Morante era una vera forza della natura che nessun tipo di educazione borghese aveva mai plasmato. Era dotata di un'intelligenza acuta, i suoi romanzi sono sublimi e io l'ho sempre ammirata per questo, ma era anche rigida e spietata: non lasciava passare inosservato nulla, nemmeno la minima sciocchezza. Quando ancora stavano insieme, Moravia a volte mi prendeva da parte e mi diceva: «Guarda le mani di Elsa, come sono piccole!». E con tono da cospiratore aggiungeva: «Lo sai, vero, che le persone con le mani piccole sono molto colleriche?».

Poi alla fine anche Elsa scrisse un'opera teatrale, La serata a Colono. Con Giuseppe Patroni Griffi, che ne avrebbe curato la regia, le chiesi di poterla rappresentare, ma lei si rifiutò categoricamente. Sosteneva che la sua commedia andava soltanto letta e mai recitata.

Cercammo di insistere, ma davanti alla nostra ostinazione non faceva che ripetere: «Se provate a mettere in scena la mia opera vi denuncio!». «Chiamo la polizia!» ci minacciava.

Elsa aveva un atteggiamento elitario. Cercava la perfezione, che lei indubbiamente possedeva. Prendeva in considerazione solo ciò che riteneva sublime, ovvero pochissime cose, fra cui il suo gatto. Poiché nella vita è davvero raro incontrare la perfezione, dal suo punto di vista forse aveva ragione, ma mostrarsi così intransigenti nei confronti della modestia degli altri a lungo andare non può che condannare alla solitudine. Quando però voleva bene, dava tutta se stessa. E questo suo temperamento l'esponeva a scelte drastiche anche nella sfera sentimentale. Durante il tormentato matrimonio con Alberto Moravia si infatuò perdutamente di Luchino Visconti. Lui era lusingato dalle sue attenzioni, ma la teneva a distanza. Lei però era fatta così: si buttava a capofitto nelle cose, non conosceva mediazione.

Fu proprio Elsa a presentarmi Sandro Penna. Andavo a casa sua. Nell'appartamento dove viveva con un cane pestilenziale, c'era come un sentiero costeggiato da immondizia. Penna prendeva dei sonniferi in pieno giorno. Quelle compresse lo stordivano completamente e accrescevano la sua grazia. Tra i libri, le biciclette e i mucchi di vestiti, c'era il letto, una sorta di pagliericcio puzzolente, dove si potevano vedere le tracce di due corpi, il suo e quello del cane. Come nel film di Hitchcock, Psycho, dove appare la forma del corpo della madre di Anthony Perkins sul materasso. Ma era la persona più felice del mondo. Con un sorriso etrusco. «Il ciclista polverosa / castità offre alla sposa»: questa sua poesia piaceva molto a Elsa.

Certe sere, dopo cena, Natalia a un certo punto si addormentava. Cadeva in una specie di narcolessia, per cui si assopiva profondamente con la testa reclinata sul piatto. Noi andavamo avanti con le chiacchiere e lei dormiva serena, come se fosse stata nel suo letto. Poi si svegliava e riprendeva a conversare. Con i capelli corti e gli zigomi alti, Natalia aveva un'aria vagamente da ragazzo.

Spesso c'era anche Carlo Emilio Gadda. Era un uomo imponente, di enorme candore, e Goffredo Parise, che invece era maliziosissimo, si divertiva a prenderlo un po' in giro.

Chiesi anche a Goffredo una pièce per me e lui scrisse L'assoluto naturale. Poi, in seguito, Natalia scrisse L'inserzione, una commedia ispirata alla storia di una casa che Moravia aveva ai Castelli Romani. Luchino Visconti la mise in scena e io l'ho recitata anche a Parigi.

Insomma, i miei amici scrittori alla fine si avvicinarono al teatro.

E mi piace pensare che fu in parte per merito mio.

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