Cultura e Spettacoli

«Il giovane criminale» parte dalle suggestioni di Genet

Tiberia de Matteis

Teatro e carcere: un ossimoro che Sasà Striano trasforma in pura metafora nel suo spettacolo Il giovane criminale, personale elaborazione da Jean Genet, che incide con la durezza di un'invettiva e la verità di un racconto autobiografico dal palcoscenico dell'Off/Off Theatre di Roma. Dopo aver scoperto il teatro a Rebibbia, ha partecipato a Gomorra di Matteo Garrone ed è stato Bruto in Cesare non deve morire dei fratelli Taviani, ma qui non vuole essere considerato un attore, bensì un «criminale» che svela i misteri della reclusione. E la semplice, penetrante arte del suo dire insegue la cronaca traumatica di un giovane delinquente napoletano, in prima persona, non solo singolare, ma spesso plurale, per offrire il significato di una tragica vicenda collettiva. «Non c'è giustizia» dichiara Sasà. «Quando commetti un crimine non ti chiedono mai perché l'hai commesso» afferma, lamentando l'indulgenza verso i potenti che non hanno reale necessità di trasgredire e l'efferatezza contro gli emarginati, già puniti dalla loro condizione.

Ora le parole sono le sue armi e non possono non suscitare quell'applauso, sempre negato in passato, che arriva dal cuore e non solo dalle mani.

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