Cultura e Spettacoli

Gran rifiuto (politico) di Torino: non è più Tempo di libri?

Milano propone un'alleanza in stile "MiTo" al Lingotto. Che dice no, nonostante i suoi guai. E ora tutto è a rischio...

Gran rifiuto (politico) di Torino: non è più Tempo di libri?

Il grande progetto che la maggioranza degli editori, grandi e piccoli, auspicava, un po' per soldi un po' per non morire, non si potrà realizzare. E la colpa non è (solo) di Milano. Niente matrimonio Milano-Torino, niente Saloni Uniti d'Italia, niente «MiTo» dell'editoria.

Questo è sostanzialmente l'annuncio che ieri il presidente dell'Associazione Italiana Editori, Ricardo Franco Levi, ha dato alla stampa sull'ultima puntata della saga dei Saloni. In questi ultimi mesi infatti, gli sforzi di AIE e di Fiera Milano, partner al 51% della Fabbrica del Libro, contenitore societario di «Tempo di Libri» (di cui Levi è anche presidente), si sono concentrati sul coinvolgere Torino in un piano di ampio respiro, che Levi ha spiegato nel dettaglio. Unire le forze mettendo insieme il meglio delle due manifestazioni e immaginando di rivolgersi a un bacino nazionale o quantomeno formato da Lombardia e Piemonte insieme: «Dove uno più uno non farebbe due, ma molto di più», sono le parole di Levi. «Tradizione e storia di trent'anni di Torino sommate a solidità finanziaria, solidità fieristica, forza industriale, garanzia di una solida amministrazione di Milano».

Nel dettaglio: «I Saloni sono una vetrina commerciale e insieme una festa», ha spiegato Levi, quindi la festa si sarebbe svolta nelle stesse date, con gli autori in movimento tra le due città e magari una direzione condivisa tra i due attuali direttori delle manifestazioni, Nicola Lagioia e Andrea Kerbaker. Mentre la vetrina commerciale avrebbe avuto luogo un anno a Milano e un anno a Torino: AIE si era detta disposta pure a far cominciare Torino, per «rispetto della sua storia» e forse anche per dare un sostegno ulteriore alle difficoltà economiche e finanziarie in atto da tempo. A tutto questo però Torino ha detto no: qualsiasi «Diminuzione dell'offerta che incida sulla città» viene rifiutata, nonostante il piano prevedesse la disponibilità di AIE di offrirsi «come parte attiva per contribuire al sostegno economico del Salone». Levi ha fatto chiaramente trasparire che tutti gli interlocutori utili alla decisione sono stati interpellati. Ma su questo il direttore del Salone Nicola Lagioia (da mesi senza contratto) non è affatto d'accordo: «Credo che Levi abbia fatto questa proposta al Comune di Torino o alla Regione Piemonte. Non ha parlato con il sottoscritto», ha dichiarato a ilLibraio.it E ha ribadito il no: «È impraticabile ipotizzare un'alleanza con Milano che preveda l'alternanza degli stand... Significherebbe tradire Torino e i torinesi». Il sindaco del capoluogo piemontese, Chiara Appendino, ha negato di aver ricevuto una proposta formale da Levi «e anche se l'avessimo ricevuta l'avremmo declinata». Contrarissimo anche il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino: «alla luce dei risultati del Salone di Torino e di Tempo di Libri a Milano, non c'era nessun motivo di prendere in considerazione la proposta».

Levi non ha nascosto la delusione: «Noi, AIE e Fiera, riteniamo che sia un gran peccato» e la disapprovazione, perché così il Salone risulta per Torino non solo e non tanto un Salone, ma «un progetto politico di sviluppo per la città» che va difeso ad ogni costo. Dove «costo» non è un modo di dire: Levi ci ha tenuto ad aprire il suo discorso raccontando come la richiesta di contributi pubblici di «Tempo di Libri» sia stata nelle due edizioni pari a zero (a parte i 50mila euro di Regione Lombardia interamente destinati alle scuole) e al contempo tutte le fatture siano state pagate. E a chiuderlo sottolineando come il «gran rifiuto» («Che richiama quel che è accaduto per le Olimpiadi», ha sottolineato Levi) non debba essere considerato una vittoria di Torino, laddove i loro conti sono sballati, i debiti evidenti e la sopravvivenza del Salone poggia per ora solo sui soldi dei contribuenti e dei fornitori (ultima tegola su questa situazione, le dimissioni del presidente Massimo Bray in paio di settimane fa: il suo successore sarà il notaio torinese Giulio Biino). Sempre a proposito di costo, il progetto di unione dei saloni è partito proprio, per gli editori, da una considerazione economica: se le fiere restano due per grandi e piccoli l'onere di partecipazione non è più sopportabile.

Che scenari si aprono ora? Visto che il concerto con il socio è obbligatorio, AIE aspetta il 28 ottobre, giorno di convocazione del CdA di Fiera Milano che ha la decisione all'ordine del giorno. Nel frattempo tutto è ancora sul piatto, comprese le tre opzioni di base: che «Tempo di Libri» chiuda; che Torino torni sui suoi passi e accetti il progetto e che «Tempo di Libri» terza edizione si faccia, in date tutte da decidere.

Certo, il timer è già scattato e reinventare un salone per la primavera a partire da novembre sarebbe per Milano una sfida non da poco.

Commenti