Cultura e Spettacoli

"In Hausen raccontiamo quanta paura fanno i mostri di cemento"

Horror made in Europe. Il produttore Marco Mehlitz spiega la genesi della serie che trasforma la periferia in incubo

"In Hausen raccontiamo quanta paura fanno i mostri di cemento"

Sono nelle periferie di tutte le grandi città. Palazzoni di edilizia popolare. Grigi, desolati, rovinati dal tempo e dall'incuria. Alveari di un'umanità quasi sempre triste, sempre indigente. Ora uno di quei casermoni è protagonista del primo horror targato Sky Original: Hausen, in onda su Sky Atlantic e Now Tv. Si tratta di una produzione tedesca (Lago Film per Sky Deutschland), diretta da Thomas Stuber con Tristan Göbel e Charly Hübner. Il primo, 19 anni, è una giovane promessa della scena attoriale tedesca, già protagonista di Goodbye Berlin, il secondo un veterano, molto famoso in Germania. I due interpretano padre e figlio, in lutto per la morte della madre. Nel tentativo di prendere in mano la loro vita si trasferiscono in un palazzo di cui Jaschek, il padre, assume il ruolo di custode e manutentore. Ma la costruzione sembra avere una vita a sé e nutrirsi dell'infelicità di chi la abita. Per non cadere nelle sue trappole, Jury, il ragazzo, dovrà superare la diffidenza e l'ostilità degli abitanti del condominio e dello stesso Jaschek.

Negli ultimi anni si è assistito a una rivitalizzazione del genere horror, soprattutto in chiave di denuncia sociale. Il successo dei titoli di Jordan Peele, Get out e Noi, insegna: dietro l'etichetta horror si possono nascondere pellicole e messaggi di denuncia importanti. Questa serie, in otto episodi, percorre la stessa strada, spiega il produttore esecutivo, Marco Mehlitz: «Lo chiamiamo horror ma è qualcosa di molto più importante rispetto al classico di genere che noi conosciamo dalla tradizione americana con le motoseghe e violenza. Qui il terrore e l'angoscia sono più sottili, hanno a che fare con gli squilibri sociali e la vita stessa».

Hausen dunque esagera solo un po' quando racconta la realtà di certe periferie, tutte uguali pur nella loro lontananza geografica: la banlieu parigina, i sobborghi di Londra, Corviale di Roma, Quarto Oggiaro a Milano.

«In ogni città europea c'è una periferia simile a quella che noi raccontiamo continua Mehlitz - tutti noi abbiamo in mente un qualche palazzone, magari costruito nel dopoguerra, con grandi speranze poi deluse». È un retaggio della nostra storia, tipicamente europea, e questo distingue Housen da qualsiasi altro horror di produzione hollywoodiana. «Quando, dopo la Seconda Guerra Mondiale, negli anni '50 e '60, furono costruiti certi edifici c'era molto ottimismo. Era la speranza di dare a tutti un tetto confortevole sulla testa, una casa calda grazie alla modernità del riscaldamento centralizzato. C'erano in ballo molte promesse, che poi sono invecchiate insieme a quelle costruzioni di cemento».

Un elemento molto europeo dunque, che ha consentito a Sky di raccontare un pezzo della nostra storia in una maniera che non era mai stata raccontata prima. Per farlo è servita la ricerca del giusto mostro di cemento. «Quando abbiamo sviluppato il progetto abbiamo cercato un luogo che rappresentasse lo stato di malessere che volevamo raccontare con la serie. Un luogo che riportasse alla memoria certi incubi della nostra infanzia. Tutti noi siamo stati in un qualche palazzo nei cui corridoi abbiamo rischiato di perderci, dove ci siamo chiesti: cosa succede al di là di queste porte?». Ma la ricerca si è rivelata più difficile del previsto. «Nei palazzi residenziali, anche i più fatiscenti e popolari, non ci sono labirinti. Ci sono lunghi corridoi con un ascensore in mezzo e non ti perdi, se non hai 11 anni. Però alla fine, a Berlino, abbiamo trovato un ospedale abbandonato, della ex Germania dell'est. La sua struttura complessa la rendeva perfetta per il nostro scopo. La abbiamo restaurata, seppure a modo nostro, e siamo stati in grado di allestire su uno stesso piano, diciassette appartamenti». Dall'esterno il palazzone sembra interminabile in altezza. «In realtà sono solo due piani, gli altri li abbiamo aggiunti digitalmente». Il risultato è impressionante: una costruzione che crea il perfetto senso di angoscia. «Poi verrà abbattuto, per costruire qualcosa più a misura d'uomo», alla notizia, un sospiro di sollievo sorge spontaneo.

La serie però continuerà: «Sebbene la casa non esisterà a lungo e molti inquilini la lasceranno, dobbiamo ancora decidere se continuare a lavorare in quel microcosmo oppure muoverci.

Ci saranno altre stagioni con, probabilmente, differenti scenari».

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