Cultura e Spettacoli

I migliori musicisti al Verbier Festival

Debutta nel ruolo di pianista uno dei più grossi direttori d’orchestra (Valery Gergiev) e uno dei più grand cantanti (Thomas Quasthoff) nel ruolo di direttore

I migliori musicisti al Verbier Festival

Le cime de Le Grand Combin svettano imperiose, dall’alto dei loro 4.314 metri. Sfidano il sole cocente sfoggiando un manto di ghiacci. Il Monte Bianco è poco più in là. Alle spalle del villaggio, corre una cintura di montagne che durante l’inverno sono la gioia degli sciatori, soprattutto di quanti praticano il fuoripista. Esci dalle sale da concerto di Verbier, e gli occhi si riempiono di questi scenari. E’ proprio la forza della natura del luogo, pacata ma dominante, a forgiare il Festival di questa cittadina svizzera che dalla metà di luglio al 2 agosto è la calamita di artisti da tripla A, di giovani che poi seguono masterclass e finiscono in un’orchestra dove di anno in anno si infittiscono i volti asiatici. Altro termometro dei tempi che cambiano: l’Oriente rampante sta facendo centro anche nel mondo dell’arte. “I ragazzi cinesi, coreani, giapponesi mediamente studiano più degli Europei. Le audizioni le superano loro…”, spiegano dal Festival. Si respira un’atmosfera speciale qui a Verbier, vetrina di leggende della musica ma anche laboratorio per talenti debitamente selezionati. Nelle viuzze che si insinuano fra chalet fiabeschi, si aggirano giovani con violini, violoncelli, flauti, oboi, clarinetti, ottoni. Questi ragazzi speciali, cresciuti a pane e studi rigorosi, si incrociano con i coetanei ciclisti di mountain bike vestiti come se andassero in guerra, poi li vedi impegnati in discese spericolate e acrobatiche e capisci il perché di tante protezioni. Acrobazie su due ruote, su tastiere di strumenti musicali… l’onda di adrenalina giovanile rende unico il Verbier Festival il cui parterre di stelle è fatto di nomi come Esa Pekka Salonen, Leonids Kavakos, Valery Gergiev, Mischa Maisky, Gianandrea Noseda, Joyce Di Donato, Joshua Bell.. Per l’edizione in corso, domina la figura del russo Daniil Trifonov, 24 anni, pianista di tale temperamento artistico, musicalità torrenziale, tecnica inossidabile da renderlo superiore a tutti i colleghi delle ultime generazioni. Un unicum. Concertisti di questa levatura nascono ogni 50 anni.

Il recital di sabato sera, con I 12 Studi d’esecuzione trascendentale di Liszt dome pezzo forte, è stata l’incoronazione ufficiale e definitiva di Trifonov. Il festival di Verbier, fondato nel 1994 da Martin T:son Engstroem, ama sparigliare le carte. Così accade che un direttore di lungo corso come Valery Gergiev, l’attuale numero uno della Russia, direttore-amministratore-testa del teatro Marinskij di San Pietroburgo, a Verbier debutti come pianista nel concerto per tre pianoforti di Mozart: accanto a lui, Trifonov e Denis Matsuev, giovanotti che sostiene da quando ne ha intuito il talento. Svestiti i panni di “papà-Gergiev”, torna a fare il direttore puro e si tuffa in una di quelle partiture che fanno parte del suo corredo cromosimico - e si vede - come la Sesta Sinfonia di Cajkovskij.

Quest’edizione, ancora in corso, passerà poi alla storia per un appuntamento speciale. Il debutto nel ruolo di direttore d’orchestra di Thomas Quasthoff. Baritono fra i più significativi degli ultimi tempi, nel 2012, all’età di 52 anni, si è ritirato alle scene. Da tedesco che va dritto alla questione, ha confessato: “La mia salute non mi permette più di mantenere gli alti standard che mi sono sempre prefissato. Devo moltissimo a questa straordinaria professione e la lascio senza amarezza alcuna. Al contrario, sto guardando avanti, alle nuove sfide che entreranno nella mia vita”. Quasthoff è affetto da gravi malformazioni al corpo causate da un farmaco assunto dalla madre durante la fase di gestazione. I suoi arti, superiori e inferiori, si sono sviluppati solo in parte. La forza de Le Grand Combin si confronta con quella di quest’uomo che a Verbier, venerdì, ha sfidato le leggi della natura: ha raggiunto il podio dirigendo la Passione secondo San Matteo di Bach.

Pubblico molto toccato da questa prova. I ragazzi dell’orchestra sono andati oltre quel gesto che per ovvie ragioni manca di precisione.

Spiegano che la carica umana e l’energia d’artista di Quasthoff compensano, e superano, qualsiasi problema tecnico.

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