Cultura e Spettacoli

"Interpreto Lady D per svelare la donna Diana"

Da oggi al Sistina un musical racconta la principessa a 20 anni dalla morte

"Interpreto Lady D per svelare la donna Diana"

Il mondo ha bisogno di favole. E se è vero che il musical è una favola, incredibile che ancora nessuno avesse trasformato in musical la più sfolgorante (ed amara) favola di fine '900. Stasera, dunque, il sipario del Sistina di Roma si alzerà su Diana & Lady D: primo musical sullo scintillante e tragico destino di Diana Spencer, duchessa di Cornovaglia e di Rothesay, principessa del Galles, e infine «regina dei cuori» (come lei stessa si definì) per milioni di persone in tutto il mondo. Attenzione, però: non tutte le favole hanno un happy end. E fin dal titolo questa sembra anticipare, prima ancora dello schianto nel tunnel sotto il Pont de l'Alma che la concluderà, le contraddizioni della sua protagonista. Che in scena avrà volto e voce di Serena Autieri.

Perché Diana & Lady D?

«Perché le protagoniste di questa favola sono due. La baby sitter e la principessa reale; la malata di bulimia e la benefattrice degli affamati; la provvida mamma e la scandalosa amante. Ciò che Diana era realmente, insomma, e ciò che le circostanze, o le ingiustizie patite, la spinsero a diventare. E io le incarnerò entrambe».

In che modo?

«Tutto si svolge la sera del 31 agosto 1997; l'ultima della sua vita. Siamo nell'appartamento dell'Hotel Ritz dal quale Diana sta per correre con Dodi all'appuntamento fatale. Un'ultima occhiata allo specchio, ed ecco che la sua immagine riflessa, l'altra metà di sé, la vera Diana contrapposta a Lady D, l'affronta. Le lancette dell'orologio si spostano indietro, e Diana può confrontarsi, scontrarsi, forse riappacificarsi con Lady D. Il senso della vita di entrambe è stato in fondo lo stesso. Entrambe chiedevano solo di essere amate».

Dunque per voi Diana fu soprattutto una vittima?

«Una vittima innocente. Aveva solo 19 anni, credeva nell'amore. E mentre andava all'altare, il marito, per il quale contava solo che lei fosse vergine, senza un passato, e con un volto adatto a monete e francobolli, come dice il mio personaggio, si teneva l'amante in chiesa. Tutti quelli che l'hanno conosciuta, e che ce l'hanno raccontata, sono concordi: era una persona meravigliosa, indegnamente manipolata e sfruttata».

Come ha concepito questo doppio ritratto l'autore del musical, Vincenzo Incenzo?

«Come un flash back d'emozioni. In un luogo dell'anima disegnato da Gianni Quaranta, lo scenografo di Zeffirelli e Ivory, cadenzato dalle canzoni amate dalla stessa principessa, coreografato da Bill Goodson (quello del Moulin Rouge) e illuminato da Weissbard, il mago delle luci di Cronenberg e Greenaway».

Vent'anni fa idolatrata a livello planetario (due miliardi i telespettatori del suo funerale), e oggi la sua tomba giace abbandonata. Il mondo dimentica in fretta? O il mito resiste, nonostante tutto?

«Nonostante la famiglia reale, il mito di Diana è vivissimo. Perché è stata la famiglia reale a tentare d'imporre una coltre di silenzio sulla donna che ne mise in crisi l'immagine pubblica, svelandone le ipocrisie. Il suo Memorial Fund è stato chiuso; la fontana a lei dedicata in Hyde Park è in rovina; la tomba è preda delle erbacce. Il 31 agosto sarà il ventennale della sua scomparsa e non c'è in programma che una mostra e forse una statua. Eppure, nonostante questo, la gente comune la ricorda benissimo. E la ama come allora».

Riuscirà Kate Middleton a rinnovarne la popolarità?

«Kate è lei stessa un'adoratrice di Diana. E proprio per questo è stata tanto intelligente da non mettersi mai in competizione col suo ricordo. Sono due donne diverse, con due destini, fortunatamente, diversi».

Ed è vero che il 31 agosto 2017, per il ventennale, vorreste presentare lo spettacolo ai figli?

«È vero. Sono stati fatti i primi passi per metterci ufficialmente in contatto con i principi William e Henry. Sarà certo molto difficile.

Ma con questo passo vogliamo far sapere loro che non sono soli, nel ricordo, e che in un piccolo angolo di mondo c'è chi ancora vuole bene e ancora onora la loro mamma».

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