Sanremo 2017

Rita Pavone: "Io, dal palco alla giuria per scegliere userò la regola di Armstrong"

Rita Pavone, 72 anni, darà i voti ai concorrenti: "Venni nel '69, incinta. E poi con Toto Cutugno"

Rita Pavone: "Io, dal palco alla giuria per scegliere userò la regola di Armstrong"

nostro inviato a Sanremo

L'inarrestabile Rita Pavone arriva con un paio di occhialoni neri e la stessa energia di quando inanellava un 45 giri di successo dietro l'altro. «Beh sì ho una certa esperienza di canzoni», sorride. Ha debuttato nel 1962 al Festival degli Sconosciuti di Ariccia, poi ne ha sposato l'organizzatore Teddy Reno e quest'anno festeggia i cinquant'anni di matrimonio. Ora che lei va per i 72 anni e lui per i 91, continua a ripetere che «è la persona giusta per la mia vita», a dimostrazione che dopotutto questo peperino ha sempre avuto le idee chiare. In questo Festival, Rita Pavone è la persona giusta per la Giuria di Qualità presieduta da Giorgio Moroder. Insomma, è la sua ennesima passerella in una carriera come poche.

Però, cara Rita Pavone, lei non è mai stata una habituè al Festival.
«Ennò, ho iniziato nel 1969 con Zucchero. Aspettavo il mio primo figlio Alex, che poi sarebbe nato il 6 di agosto, quindi avevo una pancina piccola così. Ma tutti erano preoccupatissimi che mi muovessi troppo. Poi sono andata altre volte, una anche ospite di Toto Cutugno. E sa che cosa le dico?».

Che cosa?
«Negli ultimi anni il festival è cresciuto molto dal punto di vista musicale. Ed è rimasto l'ultima grande vetrina nazionalpopolare per la musica. Mi ricordo ancora i Festival senza neanche l'orchestra che suonasse dal vivo».

Lei ci arrivò quando era già famosa pure all'estero.
«In effetti sono stata una pioniera perché in ogni Paese cantavo nella lingua locale: esportavo me stessa in ogni Paese. Perciò ho venduto oltre cinquanta milioni di copie e mi ricordo quella sera del''79 allo Sporting di Montecarlo quando mi hanno premiato per i primi 20 milioni di dischi venduti».

In Italia lei faceva successi e recitava nei musicarelli.
«Quanto ho detestato quel tipo di film. Sa qual è la differenza tra un musicarello e un film normale?».

No.
«Nel film normale il regista consegna una storia e su quella storia si compone la musica. Nel musicarello è il regista che scrive la sceneggiatura sulla base del disco».

Il suo debutto?
«Con Totò in Rita la figlia americana».

E lui com'era?
«Sembrava bipolare. Un uomo tranquillo, un grande signore nel privato. E poi un comico pazzesco sul set. Una volta gli ho detto che ero sorpresa dai suoi titoli nobiliari e lui mi rispose che avrebbe anche potuto essere re ma aveva scelto di no».

E perché?
«Mi disse: Quando poi vengono a bussarti al camerino non è bello sentirsi dire: Maestà tocca a lei».

Qui a Sanremo lei dovrà giudicare le canzoni.
«Conosco bene alcuni dei cantanti in gara ma altri un po' meno. Però ho sempre avuto una certa sensibilità nel riconoscere le tracce di copiatura».

Per lei quando una canzone è bella?
«Louis Armstrong diceva che se c'è una bella melodia, la puoi rileggere come vuoi ma rimarrà sempre bella. Io la penso così».

Coi giovani artisti lavorava già a Studio Uno. Prese il posto di Mina, incinta.
«Avevo appena vinto il Festival degli Sconosciuti, avevo inciso le mie prime canzoni e Antonello Falqui mi fece chiamare. Per dodici puntate avevo dieci minuti con artisti giovani tra i quali un magrissimo Renato Zero e Mita Medici. Alla seconda puntata ero già popolarissima».

Poi i grandi successi tipo La partita di pallone o Il ballo del mattone.
«Talvolta mi sono ritrovata a cantare brani nei quali non mi riconoscevo, così ho smesso. La folgorazione è ritornata quando Renato Zero mi ha invitata al concerto per celebrare i suoi sessant'anni. Andai, cantai e mi ritrovai con una voce che teneva ancora bene. Così ho inciso il disco Masters nel 2013 e non ho mai avuto recensioni così belle.

Dopo 51 anni di carriera è una grande soddisfazione no?».

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