Cultura e Spettacoli

Ivo Andric e l'importanza di chiamarsi (san) Francesco

Lo scrittore jugoslavo esalta la figura del poverello d'Assisi che coniugò «spirito ascetico» e «simbiosi con il mondo»

Ivo Andric e l'importanza di chiamarsi (san) Francesco

Il nostro tempo - e noi con lui - non ha comprensione per l'ideale di vita ascetico e ancora meno è propenso a praticarlo. Sono del tutto diversi e contraddittori i valori che si trovano in superficie e le altre idee che sono al potere e di cui si serve il nostro tempo, e noi con lui. Ma, d'altro canto, l'ideale di vita ascetico non è completamente svanito né svanirà mai. Non solo esso in determinati periodi fa inaspettatamente breccia e celebra i suoi eversivi trionfi, ma non si è totalmente spento neanche dentro di noi, figli di una generazione guidata da aneliti del tutto differenti, bensì cova in fondo alle anime e ha il suo minuto di potere quando ci abbatte inaspettatamente e ci mette dinanzi al nostro eterno dilemma: il visibile o l'invisibile, il terreno o il celestiale? Per questo l'interessamento per la personalità del grande asceta italiano è oggi così grande nel mondo. Poiché, se lasciamo da parte l'interesse della Chiesa cattolica, che è comprensibile e giustificato, è - per così dire - professionale, se togliamo anche l'interesse dell'Italia ufficiale di oggi, che è altrettanto comprensibile, ma meno giustificato e spesso inopportuno, se lasciamo da parte anche tutto ciò che vi è di snob e di insincero nell'interessamento di molti esteti e di molti figli di questo mondo che aspirano soltanto a soddisfare il loro malsano desiderio di cose insolite e rare, se togliamo tutto questo, resta comunque la nuda e pura leggenda di un'impresa dello spirito in cui vi è molto di eterno e di umano. Tale leggenda collega durevolmente la piccola cittadina italiana di Assisi con imprese spirituali simili appartenenti ad altri tempi e ad altri paesi e continenti. (...)

È riuscito a vivere la verità del Vangelo e ad applicarla, con tutte le conseguenze, a se stesso e a coloro che gli erano più vicini, e non in un deserto e nella solitudine come gli eremiti e gli anacoreti dei primi secoli, bensì in una città e in una campagna in cui il Vangelo veniva letto e recitato, ma in cui non si viveva in base ad esso. La sua ascesi è una rinuncia, personale, al mondo, ma nel contempo è anche una riconciliazione con tutto ciò che vi è al mondo: essa non è un'impresa individuale, bensì un fattore sociale e un potente mezzo per lavorare alla realizzazione del regno di Cristo in terra. Grazie a quell'ascesi umana, attiva e gioiosa, l'operato di Francesco ha un significato particolare, si distingue da tutti i fenomeni simili e diviene vicino e comprensibile anche a coloro che sono per tutto il resto lontani da lui, poiché, secondo lui, la rinuncia equivale non alla morte della gioia di vivere, ma al suo potenziamento nei limiti della vita cristiana secondo il Vangelo. E davvero, con la sua vita e la sua opera, ha dato un esempio di partecipazione e di simbiosi con il mondo e con la natura che non si può trovare in nessuno spirito ascetico, né prima né dopo Francesco di Assisi. È riuscito per primo nel Cristianesimo a «eliminare l'antico abisso esistente tra natura e fede». Mentre gli anacoreti cristiani nelle forme e nelle voci degli animali e delle piante vedevano un grottesco gioco di Satana che li voleva traviare, Francesco in ogni forma, anche la più piccola, della natura viva e morta vedeva una manifestazione dell'onnipotenza e della bontà divine, e della volontà divina, che occorre accogliere umilmente e amare ardentemente. Il suo amore non solo per gli animali, ma anche per gli alberi, le pietre e le cose morte si è trasformato in storie e leggende. Come i devoti dervisci in Oriente, sollevava da terra vermi e lumache affinché i passanti non li calpestassero, amava e risparmiava l'albero, il sasso, l'acqua e, in particolare, il fuoco, «per la sua bellezza e la sua utilità».

© The Ivo Andric Foundation, Beograd, SERBIA. Tutti i diritti riservati

Estratto da Racconti francescani di Ivo Andric, Castelvecchi Editore

© Lit Edizioni 2017

Per gentile concessione

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