Cultura e Spettacoli

John Berger centauro senza confini

Luca Beatrice

Ha scritto di tutto e in maniera compulsiva, su qualsiasi argomento, dal disegno alla politica, dalla fotografia alla narrazione. Una vita lunga, quella di John Berger, scomparso due anni fa, indefinibile intellettuale, gran viaggiatore e, buon ultimo, amante della motocicletta. Così, mentre Il Saggiatore dà alle stampe il monumentale Ritratti, raccolta di critica d'arte, per Neri Pozza esce il piccolo e delizioso Sulla motocicletta: frammenti di filosofia, memorie, ebbrezza della velocità (pagg. 156, euro 12,50). Perché John Berger, fin oltre i settant'anni, è andato in moto, ha guidato modelli potenti e corsaioli, irresistibilmente attratto da quella libertà del vento in faccia, oltre ogni protezione, per scoprire la strada e viverla con le sue insidie. La letteratura motociclistica vanta prove straordinarie, a cominciare da Robert Pirsig e dal suo Zen per continuare con i reportage sugli Hell's Angels raccontati dal «gonzo» Hunter Thompson. A Berger, invece, non interessa l'esplorazione di un mondo mitico e talora esaltato, mantiene la sua scrittura minimale, paragona la moto al disegno, altra sua grande passione: «pensate alla traiettoria o al percorso della motocicletta come se fosse una linea disegnata sul terreno. Il pilota con il suo corpo è concentrato a mantenere quella linea».

Alcune pagine ricordano ciò che scrisse Oliver Sacks nel suo memoir In movimento. Li unisce, e non solo loro, l'esperienza della solitudine: in moto non sei dentro un abitacolo, ma diventi un osservatore attivo, senza cornice, nella scena e a diretto contatto. «È incredibile quel cemento che sibila a dieci centimetri dal tuo piede, lo stesso su cui cammini». Non racconta di viaggi infiniti, non attraversa continenti, non impreca per gli inconvenienti, al massimo può succedere di bucare una gomma, non va alla scoperta di popoli altri. Quello di Berger è soprattutto un approccio filosofico al motociclismo, a cominciare dal luogo in cui si arresta la marcia. «Supponiamo che in questo istante vi fermiate, spegniate il motore, vi togliate il casco, vi sgranchiate la schiena e il collo, e poi facciate qualche passo lungo la strada, in un bosco o in un campo. Vi guardate attorno. Non c'è nulla di spettacolare o pittoresco. Ma voi vi siete fermati e questo basta a farne un punto speciale».

Chiunque possegga una moto sa di cosa Berger ci sta parlando.

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