Cultura e Spettacoli

Con John Osborn rinasce lo spirito di Auber

Di terzo nome il compositore francese Daniel Auber faceva Esprit. «Fu fedele al proprio nome. Fu homme d'esprit. Anzi, sarcastico. E spandeva in quella brillante uccelliera che era la società del Secondo Impero, una specie di terrore.» Così lo schizzava Alberto Savinio nelle vesti di critico musicale (in un pezzo raccolto nella nuova e completa edizione saggiatoriana del suo Scatola sonora). Riascoltando al Teatro dell'Opera di Roma la sua più celebre opera-comique, Fra Diavolo a più di vent'anni da un'irriverente ma deliziosa messa in scena di Jerome Savary alla Scala torna di taglio il giudizio di Savinio: «musica bianca. Scritta con pulizia. Briose alcune parti; altre scritte con grazia.» Difficile in tanta elegante appropriatezza post-rossiniana tenere a mente un solo tema, ad eccezione dell'inossidabile ritornello immortalato da Stanlio & Ollio che in italiano suonava Quell'uomo dal fiero aspetto. Il regista Giorgio Barberio Corsetti e la vasta equipe di collaboratori hanno traslocato la vicenda in una Terracina fra cartoni animati (con proiezioni grafiche che interagivanonell'azione) e voglie neorealiste. Ha dato luce all'operazione musicale la presenza del tenore John Osborn, non dimenticato Arnold rossiniano, nei panni del bandito celato sotto i panni del finto marchese di San Marco. A confronto con il Guillaume Tell, questa per lui era un'amabile promenade.

Tutti i personaggi che ha incontrato nella brillante passeggiata di Auber - turisti alleggeriti, ostesse sedotte, sbirri insospettiti e complici soggiogati - hanno ben girato intorno all'astro maggiore. Tornino pure siffatti mariuoli!

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