Cultura e Spettacoli

Killer e complici nel libro in bianco e nero del comunismo

Mattia Rossi

Parafrasando lo storico Ernst Nolte, scomparso il 18 agosto scorso, il quale sosteneva l'esistenza di un «passato che non vuole passare», sussiste anche una storia che non si vuole storicizzare. È la storia dei crimini figli del comunismo. Non mancano, certo, sull'argomento diversi fondamentali best-seller: dal celebre Il libro nero del comunismo (1977), che ebbe il merito di alzare il coperchio che sovrastava il Vaso di Pandora dei crimini rossi, ai classici di Giampaolo Pansa come Il sangue dei vinti (2003), Sconosciuto 1945 (2005), La grande bugia (2006), I vinti non dimenticano (2010), Bella ciao. Controstoria della Resistenza (2014).

Ora l'editore Solfanelli pubblica un agile volumetto che va ad aggiungersi a questa letteratura volgarmente detta revisionista. È Il comunismo in bianco e nero (pagg. 136, euro 12) del ricercatore storico, nonché direttore di liceo a Torino, Lodovico Ellena. A differenza degli altri testi succitati, ha una piacevole e originale caratteristica: accoglie materiale e testimonianze altrimenti destinati all'oblio, testi e documenti omessi o taciuti. Il lettore, qui, non troverà i grandi fatti della Storia, ma una carrellata di frammenti, quasi maniacalmente collezionati dall'autore, tratta dalla quotidianità dei Paesi comunisti. Questo è il valore aggiunto della ricerca di Ellena che dà spazio a ciò che è stato (ed è) il comunismo e, non da ultimo, alle sue vittime: «Episodi minori scrive Ellena che, nella loro cruda tragicità, danno forse più da riflettere che tante analisi teoriche o teoretiche, sociologiche o politiche, ideologiche o metafisiche: storie, alcune di esse microstorie, raccolte rovistando tra libri perduti, articoli, documentari semiclandestini o dialoghi inter nos».

Due capitoli iniziali sono, naturalmente, dedicati ai due maggiori prodotti della falce e martello: l'Unione Sovietica e la Cina. C'è, poi, una rapida occhiata agli «altri comunismi» dell'Est europeo prima di approdare al cuore del libro: «L'anomalia italiana». Per l'autore, nonostante in Italia non si sia (fortunatamente) affermato nessun regime rosso, «l'idea marxista ha un certo seguito» cui si accompagna la carente conoscenza dei crimini perpetrati dall'ideologia comunista. Ed ecco, dunque, che Ellena passa rapidamente in rassegna alcuni crimini poco noti imputabili ai partigiani durante il triennio '43-45: da quelli di massa come l'eccidio all'ospedale psichiatrico di Vercelli e presso il canale Cavour di Greggio del 12 e 13 maggio del '45 o il massacro di dodici carabinieri in Friuli il 23 marzo del '44, fino a fatti minori, inediti, che hanno insanguinato città e campagne, «storie individuali, che però la dicono lunga su quale fosse il clima di quel periodo». Tante «anomalie italiane scrive Ellena troppo spesso dimenticate o sepolte con la complicità di intellettuali, storici e giornalisti».

Ma questo libro le riporta meritoriamente alla luce.

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