Cultura e Spettacoli

L'«Armida» di Ronconi non riesce a decollare

L'«Armida» di Ronconi non riesce a decollare

da Pesaro

Il colpo d'occhio è azzeccato. S'apre il sipario e appaiono decine di enormi pupi siciliani, sospesi in aria per i loro fili. Luca Ronconi parte col piede giusto. Perché questa Armida - opera inaugurale del Rossini Opera Festival - è tratta dalla Gerusalemme Liberata del Tasso; e l'iconografia delle marionette siciliane da sempre s'accompagna al ciclo dei paladini e della chanson de geste . Pennuta come un uccello del malaugurio, anche la protagonista - la maga Armida, che manovra come marionette, appunto, gli irretiti cavalieri cristiani - appare subito indovinata; le torve movenze sensuali di Carmen Romeu, soprano che sa recitare, sbalzano subito il personaggio.

E poi c'è l'opera, ambigua e discontinua, ma anche ricca di stimoli suggestivi: un solo ruolo femminile, attorno a quattro maschili, tutti per tenore; una vicenda ricca d'incantesimi, sortilegi, magie. Ci sarebbe molto - insomma - per fare di questo Armida la «rivincita» di quella della quale, vent'anni fa, lo stesso Ronconi s'era dichiarato insoddisfatto. Eppure qualcosa - anche stavolta - non quaglia. L'idea dei pupi non procede, non si sviluppa; finisce anzi per «rimpicciolire» gli epici personaggi a pupazzetti. Ma senza ironia. Dentro ad una scenografia poco ispirata di Margherita Palli, e a costumi decisamente infelici di Giovanna Buzzi (ci sono pure delle ninfe che il pubblico scambia per matrioske russe) la regia di Ronconi è stranamente statica, inerte. Soprattutto manca, in una favola cavalleresca dove magia e mistero dovrebbero destare l'atmosfera del «meraviglioso», proprio il pathos, proprio l'atmosfera. Il che, dal regista dell' Orlando furioso di leggendaria memoria, appare quantomeno singolare.

Molto attesa nell'impervio ruolo che fu della Colbran, la giovane debuttante Romeu se l'è cavata con piglio sicuro, destando molti ammirati applausi e qualche inopportuno «buuh!» per il volume della voce che ancora deve consolidarsi. Svettante e applauditissimo il co-protagonista Antonino Siragusa; corretti tutti gli altri, compresa la direzione di Carlo Rizzi. Eccellente, e decisamente provvisto d'una marcia in più, il balletto coreografato da Michele Abbondanza. Alla fine regista, scenografa e costumista vengono accumunati dagli applausi del pubblico.

Generoso con tutti ma sostanzialmente poco entusiasta.

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