Cultura e Spettacoli

L'"Augusto" di Goffredo Coppola grande filologo condannato all'oblio

La sua opera fu dimenticata perché restò fedele a Mussolini fino alla fine

L'"Augusto" di Goffredo Coppola grande filologo condannato all'oblio

Ci sono biblioteche sepolte che andrebbero riesumate e libri come tesori dimenticati che appartengono alla nostra identità culturale e di cui ignoriamo l'esistenza. Ce lo ricorda Historica edizioni, che ha inaugurato una nuova collana (La biblioteca ritrovata) dedicata ad autori condannati all'oblio o che non figurano nei cataloghi delle case editrici.

Guy de Pourtalès col suo Nietzsche in Italia è stato il primo ad essere pubblicato. Poi è stata la volta di Renato Serra. Ora tocca a un altro degli illustri dimenticati, quel Goffredo Coppola (1898-1945), tra i più grandi filologi classici del Novecento e che, però, ebbe la ventura di morire fucilato insieme con i gerarchi fascisti che seguirono Mussolini a Dongo. Un'appartenenza che segnò la relativa esegesi sul suo conto, nonostante voci dissonanti come quelle di Luciano Canfora abbiano tentato, nel corso degli anni, di rivalutarne l'attività di filologo e papirologo.

Ad oggi, sono tuttavia davvero in pochi a tener conto di questa produzione saggistica di primissimo livello mentre, in linea di massima, a prevalere sono le implicazioni di carattere politico. Perché nonostante la mitezza di carattere, e pur avendo snobbato tutte le cariche col regime trionfante, Coppola si lanciò nella guerra civile, e quel «Morirò con Mussolini!», confidato a un amico bolognese nei primi giorni del 1945, rimane il timbro col quale verrà marchiato ogni singolo rigo della sua opera. Eppure non aveva disdegnato opinioni critiche. Si era anche scontrato con Achille Starace, potente segretario del Pnf, e per questo fu condannato al confino.

Ma è forse qui la chiave di volta della sua vita e della sua attività culturale. Quell'episodio non lo fece diventare antifascista. Anzi, appena tornato, chiese a Mussolini di riammetterlo nel partito, a dimostrazione che era fermo nelle convinzioni generali. Aveva partecipato da volontario alla Grande guerra e fu pluridecorato e se certi radicalismi del regime fondati sulla violenza e sul fanatismo non gli appartenevano, restò legato a quella idea e al suo Duce fino alla fine. Docente in varie università, Rettore Magnifico a Firenze e poi successore di Giovanni Gentile alla presidenza dell'Istituto nazionale di cultura fascista, riuscì non senza fatica a combinare l'appartenenza politica con lo studio scrupoloso.

Nel dopoguerra, sulla sua opera calò l'oblio. Di molti scritti si conosce poco, malgrado siano colti e al contempo agili nella lettura. E va in questa direzione Augusto (pagg. 235, euro 18), il volume che, in un quadro di ricostruzione storica di gesta militari, riesce a tracciare un profilo politico e psicologico del fondatore della civiltà romana. Ma, anche qui, Coppola non mente e confessa di aver realizzato «un vero e proprio esercizio di ammirazione per l'imperatore».

Poiché l'idea di fondo è quella di saldare l'Italia al mito di Roma, vivificare un passato glorioso che, come scrisse su Il Popolo d'Italia nel 1937, in occasione della Mostra Augustea della Romanità, doveva intendersi come «conquista dello spirito e non su l'usura borsistica».

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