Cultura e Spettacoli

Il labirinto lessicale dei gemelli del Giallo

In "Le ali della vendetta" l'indagine è tutta questione di parole e ambiguità

Il labirinto lessicale dei gemelli del Giallo

Morti per shock anafilattico, o per assideramento, comunque sempre senza spargimento di sangue. Per casi che si risolvono ricercando l'identikit storico, culturale e sociologico dei personaggi coinvolti. Anche ne Le ali della vendetta, il giallo dei gemelli Ripa, Alberto e Giorgio, milanesi classe 1962, uscito con Leone Editore (che ha pubblicato tutti i loro romanzi) nell'aprile di quest'anno, non sarà necessario ricorrere ad autopsie, rilevazioni, campionature e prove scientifiche. Uno laureato in chimica e l'altro in chimica industriale, entrambi appassionati di romanzi gialli, già autori de Melodia fatale, il loro primo libro del 2002 su messaggi in latino, o L'ultima mossa sul gioco degli scacchi, dicono a proposito delle loro trame che «quello che ci interessa è il labirinto lessicale che sta dietro all'intera vicenda».

Ovvero? I romanzi devono essere scanditi da un intreccio che si complica a seconda del fraintendimento o l'esatto uso delle parole. Si tratta di un thriller culturale, che ha già conquistato uno zoccolo duro di lettori amanti non tanto della violenza, quanto dello stringente uso della logica e del l'analisi storico culturale delle situazioni che di volta in volta si presentano.

Le ali della vendetta: si apre su una spiaggia siciliana dove si sveglia, ancora prima che sorga il sole e dopo una notte al freddo, Azekel N'Kono, immigrato della Sierra Leone

«Affrontiamo temi di stretta attualità. In questo libro si parla di mafia, di immigrazione, ma anche di autismo, di ospedali psichiatrici, e abbiamo introdotto un nuovo personaggio: accanto a Tobia Lievi, il nostro detective nato a Milano, appare per la prima volta una grafologa che affianca la terminologa Domitilla Di Mauro, che invece da sempre lavora con Tobia per cercare nelle parole la chiave di svolta della vicenda. Saranno necessarie queste competenze per risolvere il caso di cinque morti tra la Calabria e la Sicilia, preannunciate dai disegni di un artista di strada romano e risolto dopo essere entrati in contatto diretto con il mondo della Mafia e grazie all'intelligenza di un ragazzino autistico».

Se manca la violenza qual è l'ingrediente principale per affrontare vicende tanto ricche di sfumature?

«Diciamo che per noi il concetto di labirinto lessicale è fondamentale: bicchiere si può dire anche coppa, o flute, boccale, calice ognuna di queste parole si riferisce allo stesso oggetto, ma con venature diverse e che possono cambiare il senso di una frase».

Una passione per la scrittura. Eppure voi non nascete come letterati

«Però siamo sempre stati abituati all'uso delle parole: nostro padre era solito fare a tutti dei regali identici. L'idea era il biglietto, che riusciva a rendere personalizzato lo stesso dono a ciascuno. Spesso toccava a noi questo esercizio, scrivevamo per lui i biglietti. Anche il nostro primo libro è nato per gioco: eravamo in vacanza in Liguria, uno sulla riviera di Ponente e uno su quella di Levante. Neanche a farlo apposta entrambi avevano letto Io uccido, di Giorgio Faletti. Parlandone nacque l'idea di Melodia fatale.

E come scrivete?

«Ogni volta c'è un navigatore e un guidatore, ovvero uno organizza, l'altro scrive.

Poi, chiaro ci confrontiamo, anche se ormai siamo telepatici: se siamo nervosi sappiamo già che il pezzo in arrivo non ci convincerà».

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