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Lacrime, sangue e depressione Ecco Churchill non solo eroe

Lo statista britannico ancora al centro di due film biografici che mostrano i suoi lati deboli

Lacrime, sangue e depressione Ecco Churchill non solo eroe

Mentre si sfascia l'asse angloamericano, sul cui equilibrio si è retto il mondo occidentale del dopoguerra, e intanto che smorte figure di politici senza carisma occupano la scena, torna alla ribalta un leader significativo. È Winston Churchill, «il più grande inglese di tutti i tempi», per un sondaggio della BBC. Poche figure, nella storia recente, sono subito riconoscibili come quella di quest'uomo di stato nato a Woodstock il 30 novembre 1874. E la sua figura è così interessante, nel «vacuum» di uomini e idee, che cinema e tv l'hanno celebrata in dozzine di film e miniserie, descrivendo il «bulldog inglese» come un eroe del XX secolo. L'ultima opera celebrativa è Churchill, biopic di Jonathan Teplitzky nelle sale inglesi e Usa dai primi di giugno (da noi non c'è una data certa) -, che mette in luce l'aspetto privato di un uomo afflitto da una depressione che lui chiamava black dog, cane nero. Metafora così convincente da diventare termine tecnico.

Il film si ambienta nel giugno 1944, quando le forze Alleate si ammassano sulle coste meridionali inglesi, in vista dello sbarco in Normandia. In tale drammatico frangente, il primo ministro, interpretato dallo scozzese Brian Cox, pare combattuto: la sua tempra d'acciaio è logorata da anni di resistenza all'esercito nazista e dal ricordo delle disastrose conseguenze dello sbarco a Gallipoli, nel 1915, quando sotto il comando di Churchill morirono migliaia di soldati. Ci penserà la moglie Clementine (Miranda Richardson) a fargli ritrovare la forza per appoggiare il piano d'invasione della Francia. Mentre il generale Eisenhower (John Slattery) resta attonito di fronte ai frequenti cambi d'umore di Churchill, poco prima del D-day, Re Giorgio VI (James Purfoy) si lascia guidare dal suo primo ministro.

Lacrime, sangue e depressione di Sir Winston, lui stesso scrittore e sceneggiatore dei film prodotti da Alexander Korda nei Trenta. Come un biopic su Giorgio V, mai approdato sul grande schermo, o una sceneggiatura mai girata di Lawrence d'Arabia. A suffragio del fatto che Churchill sia un'icona pop, decollata nei Quaranta, quando rifiutò di assecondare Hitler, tenendo il famoso «discorso agli Inglesi» col quale preparava il blitz antinazista, c'è la questione del suo busto nello Studio Ovale, alla Casa Bianca: l'anno scorso l'ex-sindaco di Londra Boris Johnson, anche biografo di Churchill, ha attaccato Obama perché avrebbe rimosso il busto «per il suo ancestrale disgusto verso l'impero britannico». Ma nelle parole di Johnson circola un po' di verità, dato che il nome di Churchill è fortemente associato a quell'impero. In India, per esempio, Sir Winston è visto come fumo agli occhi perché acusato, nel 1943, di non aver aiutato durante una tremenda carestia nel Bengala. Milioni di indiani morti di fame e a una richiesta di cibo per l'India, Churchill rispose: «Se davvero il cibo è così scarso, per quale ragione Gandhi non è ancora morto?».

Eppure, quest'aristocratico che sbaragliò Hitler con l'operazione Overlord, nota come il D-day del 6 giugno 1944, si angosciava all'idea che migliaia di giovani potessero morire durante lo sbarco in Normandia. Tanto da scrivere alla moglie, la sera del 5 giugno: «Quando ti sveglierai, domattina, 20.000 giovani potranno essere uccisi». Temperamentale e sanguigno, Churchill premio Nobel per la Letteratura nel 1953, con i suoi scritti storici è al centro di un altro biopic di Joe Wright, Darkest Hour, ambientato nel 1940, quando egli divenne primo ministro dopo le dimissioni di Neville Chamberlain. In uscita a novembre negli Usa e a dicembre in Europa, ecco un altro ritratto dello stratega che prometteva di «battere i nazisti sulle spiagge». Due biopics in un anno magari riflettono un momento storico. Eppure Churchill, impersonato da Richard Burton, Brenton Gleeson, Timothy Spall, Albert Finney e Christian Slater, è apparso in un caricaturale film di Bollywood, Rangoon, in versione gay, mentre balla con Hitler su una carta geografica dell'Europa. Sta di fatto che Churchill fu davvero un personaggio, diventato famoso per essere fuggito dalla prigionia durante la guerra dei Boeri, in modo rocambolesco, alla Indiana Jones. Nel 1972 Richard Attenborough gli dedicò Young Winston, basandosi sui racconti di lui, che scelse personalmente lo sceneggiatore Carl Foreman, dopo averne apprezzato I cannoni di Navarone. Anche qui, emerge un giovane uomo vulnerabile, attento a evitare balconi e binari, perché tentato dal suicidio.

Lo spirito di un tempo che rimpiange certe atmosfere, affiora anche da Dunkirk, primo kolossal di guerra di Christopher Nolan (Inception, Interstellar e tre Batman), che ribadisce come il suo «non sia un film di guerra, ma una storia di sopravvivenza». Dal 31 agosto in sala, il film narra l'Operazione Dynamo, effettuata tra il 27 maggio e il 4 giugno 1940, che spostò le sorti della guerra in favore degli Alleati (ma secondo molti storici se Hitler in quella occasione avesse voluto affondare il colpo...). Meno nota della battaglia di Stalingrado, la battaglia di Francia vide l'evacuazione verso la Gran Bretagna di migliaia di soldati belgi, francesi e inglesi, bloccati sulle spiagge di Dunkerque dall'avanzata dell'esercito tedesco. «La storia anglosassone ha una pericolosa tendenza a mettere avanti i fatti d'arme dei britannici, passando sotto silenzio quelli dei francesi», spiega Nolan.

Ed è polemica intorno al suo film, vietato ai minori non accompagnati: troppo sangue sulla spiaggia francese.

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