Cultura e Spettacoli

L'aereo di Pearl Harbor ultimo capolavoro del maestro Miyazaki

Alla presentazione di "The Wind Rises" il re dell'animazione annuncia il ritiro

L'aereo di Pearl Harbor ultimo capolavoro del maestro Miyazaki

«Per Hayao Miyazaki The Wind Rises sarà l'ultimo film, dopo si ritirerà. Ha scelto di farlo sapere durante la Mostra di Venezia perché questo festival è uno dei luoghi da lui più amati e più importanti al mondo. La settimana prossima terrà una conferenza stampa in Giappone». A dare l'annuncio a sorpresa, alla fine della conferenza stampa del film in concorso che verrà distribuito da Lucky Red, il presidente dello Studio Ghibli, la casa di produzione fondata quasi trent'anni dallo stesso Miyazaki con un altro grande dell'animazione giapponese Isao Takahata.

Naturalmente ora niente è più lo stesso. Nel senso che si inizia a capire meglio perché uno dei più grandi maestri dell'animazione ha deciso di non venire al festival che lo aveva premiato con il Leone d'Oro nel 2005 quando direttore era Marco Müller. Già il suo commento nel catalogo ufficiale, pronto da tempo, era esplicito: «Il Lido è una delle mie isole preferite. È un peccato che stavolta io non possa partecipare al festival. Dovrò rinunciare a questa opportunità di fare la conoscenza del signor Italo Caproni». Il riferimento è a uno dei protagonisti de Il vento si alza, titolo che cita un passo de Il cimitero marino di Paul Valery («S'alza il vento... Bisogna osar vivere»), l'ingegnere aeronautico, pioniere della nostra aviazione, che di cognome fa Caproni ma di nome Giovanni Battista. Anche se il vero protagonista del film è Jiro ispirato all'omonimo Jiro Horikoshi che sogna di volare e progettare aeroplani ed entra a lavorare in una delle principali società giapponesi di ingegneria aeronautica finendo per costruire il Mitsubishi A6M1, più conosciuto come «Zero», il caccia usato a Pearl Harbor.

Hayao Miyazaki racconta, in questo che per ovvie ragioni diventerà il suo film testamento, la storia del Giappone alleato dei nazisti che si sta per infilare nel cul-de-sac della guerra da cui uscirà con due delle ferite più terribili della storia, le atomiche di Hiroshima e Nagasaki. E la pervicacia, la dedizione e infine l'amore con cui l'ingegnere giapponese progetta un velivolo che sa già essere portatore di distruzione non può non richiamare l'altra impresa sempre di scienziati, i fisici, molti europei tra cui anche Fermi, nella costruzione dell'atomica. Perché anche Jiro consacra tutta la sua vita ad alleggerire al massimo i velivoli utilizzando soluzioni tecniche avanguardistiche.

Il film ha suscitato in patria critiche ideologiche sia da sinistra che da destra ma Miyazaki non deve certo esibire patenti di pacifismo o di idee politicamente corrette. Per lui parla il suo cinema che ha toccato e tocca punte di lirismo e di bellezza così alte che qualsiasi altro discorso decade. E anche in questo Il vento si alza, oltre alla maniacale ricostruzione con la riproduzione perfetta dei progetti tecnici, c'è la meraviglia di immagini stupende legate come sempre alla natura che, in questo caso, colgono addirittura il fluire del vento. In più c'è l'ultima mezz'ora, veramente struggente, con l'inserimento della storia di amore melodrammatico di Jiro per Nahoko che è malata di tubercolosi (e ha le sembianze di Clara, la ragazza costretta su una sedie a rotelle nella celebre serie di animazione Heidi sempre di Miyazaki). E la tubercolosi è una malattia con cui ha avuto a che fare la mamma del regista. Quindi non è certo un caso se, dopo la presentazione del film, il regista abbia dichiarato di essersi commosso - e noi con lui - fino alle lacrime: «È la prima volta che mi succede. Sono 50 anni che mi occupo di animazione. In questo lavoro ci sono molti elementi della mia vita.

E persone che ho incontrato si sono unite fra loro».

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