Cultura e Spettacoli

Per l'aforisma perfetto bisogna avere il fisico

Arrivano il libreria le battute memorabili del premio Nobel Richard Feynman. Uno scienziato anche nell'uso delle parole

Per l'aforisma perfetto bisogna avere il fisico

Siamo circondati da influencer e assediati da visionari di professione. Le librerie tracimano di traduzioni del Jobs-pensiero e illustrazioni Zuckerberg-lifestyle. Non ci sarebbe motivo di aggiungere un guru alla lista. Se non fosse che stavolta si tratta di un pioniere esistenziale da riscoprire, uno che la scatola delle sue citazioni la riempie di contenuti. Frasi di peso senza essere ingombranti. Approccio leggero ai massimi sistemi senza il rischio di risultati imbarazzanti. Pensiero olistico, mica tuttologia. Il titolo di quello che dovrebbe diventare un culto per i salotti di tutto il mondo e andrebbe portato ai vernissage, alle conferenze è Le battute memorabili di Feynman, appena tradotto da Adelphi (trad. Franco Ligabue, pagg. 410, euro 26).

Il Feynman del titolo è Richard, Nobel per la fisica nel 1965. Uno degli scienziati americani che entrò nel gruppo del Progetto Manhattan per sviluppare la prima bomba nucleare e lo stesso scienziato che poi appunto sviluppò l'elettrodinamica quantistica che gli valse il Nobel. Feynman, l'idolo di Stephen Hawking e l'autore di Sei pezzi facili e Il senso delle cose(tutti Adelphi), oltre che del «discorso sul cargo cult» a proposito delle pseudoscienze che incantò una generazione intera, all'apertura dell'anno accademico 1974-75 del California Institute of Technology. Quel Feynman a cui Ronald Reagan chiese, nel 1986, di indagare sul tragico fallimento del lancio dello Space Shuttle Challenger. Ma anche quel Feynman burlone, ritrattista di spogliarelliste nei locali notturni di Los Angeles e suonatore di bongo, ruolo che amava aggiungere alla propria biografia accademica.

«Se entrate nel dipartimento di fisica di qualunque università mondiale e domandate agli studenti a quale scienziato vorrebbero somigliare, sono convinto che la maggior parte risponderà: Richard Feynman. Einstein arriverebbe secondo, anche se di poco». Così scrive uno dei più grandi divulgatori scientifici contemporanei, Brian Cox - che è al contempo l'erede di Richard Attenborough alla BBC, un fisico delle particelle per l'Università di Manchester e un ottimo tastierista - nella premessa al volume. Ora, a parte il fatto che il titolo italiano della raccolta la fa assomigliare a una antologia in stile Groucho Marx (l'originale è The Quotable Feynman) e invece si tratta di citazioni che non sempre hanno un sapore comico, le battute memorabili sono state selezionate tra opere pubblicate, quattordici cassetti di schedario e ore di registrazioni di suo padre da Michelle Feynman e di certo non sono state pensate per gli studenti di fisica di cui sopra.

Tirato per la giacchetta da pensatori psicopolitici e saggisti generazionali vedi il testo di David Kaiser Come gli hippie hanno salvato la fisica (Castelvecchi) - Feynman era tutt'altro che un capellone scapestrato che puntava a stupire le masse e i media innovando lo stereotipo dello scienziato pazzo, ma uno dei primi veri praticanti dell'umiltà interdisciplinare. Nella sua lezione per l'accettazione del Nobel scrisse: «Tutto il macchinario che avevo cucinato non l'ho mai usato per risolvere un solo problema relativistico». La parola cucinato era il frutto di un uso del linguaggio basso in un discorso alto fatta da un uomo per cui alto e basso semplicemente non avevano senso a livello formale. Ha lasciato chilometri di margini di quotidiani scarabocchiati con le sue formule perché non staccava mai, tanto che si lamentava così della sua infanzia: «Non sono riuscito a fare tutto quel che volevo, perché mia madre insisteva nel mandarmi fuori a giocare». A letto, in aereo o aprendo il frigorifero gli capitava di pensare al calcolo della funzione d'onda e perciò era ossessionato dal tempo: «Ho inventato molti più problemi di quelli che riusciremo a svolgere», e dall'impotenza del corpo rispetto al pensiero: «Il ritmo a cui la mente umana può assorbire nozioni è finito, ma noi non ne teniamo conto e ci ostiniamo ad andare troppo veloci». Nelle interviste confessava cose come: «Non so l'effetto che sto ottenendo sugli studenti. Non sono uno psicologo o un sociologo. Non capisco le persone, compreso me stesso». Mentre nelle conferenze al MIT dichiarava: «Nel programma c'è scritto che questo è un discorso di apertura. Quando ho saputo che avrei dovuto tenere un discorso di apertura ho telefonato per chiedere che cosa significa; mi hanno risposto Sarebbe il discorso dopo il pranzo e io ho detto No. Allora hanno spostato l'orario, ma non hanno cambiato il titolo, e io continuo a non sapere che cosa sia un discorso di apertura».

Sempre Cox, nella sua prefazione, paragona la logica di Feynman alla chiarezza rassicurante dell'idraulico di fiducia che fa un salto a casa nostra a riparare le tubature. Ecco il motivo per cui in un momento storico in cui l'originalità viene scambiata per genio, in cui saper comunicare significa capire come ottenere più like e in cui spesso uno scienziato diventa popolare solo quando si trasforma in un buon prefatore di se stesso, leggere o rileggere le frasi di Feynman può risultare detossinante, oltre che illuminante. Perché non sono pensate per nutrire il compiacimento, ma la curiosità: «È molto più interessante per me lasciare che un mistero resti tale, piuttosto che far finta di conoscere una spiegazione», diceva.

Ma allo stesso tempo: «Più mi chiedo il perché, più diventa interessante».

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