Sanremo 2015

Lagne, tonsilliti, Modugno. Gioie e dolori del Festival

Da "Buongiorno tristezza" a Conti passando per scandali e urlatori. Domani parte la nuova edizione di uno spettacolo imperdibile anche quando è molesto (spesso)

Carlo Conti con Arisa, Emma Marrone e Rocio Munoz Morales
Carlo Conti con Arisa, Emma Marrone e Rocio Munoz Morales

Forse sono matto. Ma Sanremo me lo sono visto tutto. Dalla prima volta in tv (gennaio 1955), era il Festival numero cinque, all'ultima, nel febbraio dell'anno scorso. Non ho perso nemmeno una serata, a occhio e croce, quasi duecento: chissà se la Rai mi darà una medaglia. Alla resistenza. E ce ne voleva tanta, già in quell'edizione di sessant'anni fa, quando vinse Buongiorno tristezza , una lagna micidiale scritta da Mario Ruccione, il paroliere di Faccetta nera , evidentemente affranto per il cambio di regime. La gorgheggiava Claudio Villa, che però aveva la tonsillite. Così la telecamera inquadrò per tre minuti il palcoscenico vuoto, mentre si udivano i malinconici vocalizzi del reuccio. Allora una serata durava meno di due ore: zero ospiti, zero pubblicità, zero vallette e un presentatore che si limitava a pronunciare il nome del cantante e il titolo della canzone. Fino al '58, quando al casinò fece irruzione Modugno con il suo rivoluzionario Volare , credo che il primo premio spettasse di diritto al brano peggiore, tipo il Corde della mia chitarra del '57. In quell'edizione fu però l'esplosiva «povera ma bella» cinematografica Marisa Allasio, imbarazzata aiutante del serafico presentatore Nunzio Filogamo, a catturare il mio adolescenziale entusiasmo. Per le strade l'indomani si sentiva cantare soprattutto Casetta in Canadà , scritta dallo spiritoso duo Panzeri&Mascheroni, già autori, nel '52, del motivo, anche se sentito solo alla radio, più fischiettato di sempre, il beffardo Papaveri e papere . Dicevo di «Nel blu dipinto di blu». Come poteva perdere, se a contrastarlo c'era Aurelio Fierro con i Trulli di Alberobello ? Che nel ritornello faceva così: «Sotto i trulli di Alberobello, che l'han reso famoso nel mondo, non ha cuor chi non canta giocondo, trullalero, lallero, lallà». Testo di Quasimodo? No, di tal Giovanni Ciocca. E musica, incredibile, del grande Umberto Bindi.

A sconvolgere la pace domestica, come ci voleva poco, e a scandalizzare le associazioni cattoliche, idem, provvide nel '59 la sensuale, credo non solo per me, Jula De Palma, che ammiccando maliziosamente miagolava Tua («Tua, tra le braccia tue, per sognare in due, per morir così»). In effetti roba piuttosto forte, per quei tempi. Come ciclonica fu, l'anno dopo, l'incursione dell'abruzzese Tony Dallara, il primo, discusso, urlatore, immediato vincitore, in coppia con Rascel, della mielosa Romantica . Subito raggiunto, sul podio del '61, dalla prima urlatrice, la milanese Betty Curtis, con la dimenticabile Al di là , cantata con il concittadino Luciano Tajoli, finalmente sdoganato dopo un'infinita quarantena imposta dalla sua menomazione (guai a mostrare in video un poliomielitico che si appoggia al bastone!).

Quel '61, dove esordiscono, in un colpo solo, Celentano (secondo, ma primissimo per noi ragazzi, arcistufi di agghiaccianti nenie, con 24 mila baci ), Mina, Gaber, Gianni Meccia, Donaggio, Jimmy Fontana, Renis e Edoardo Vianello. In poco tempo era cambiato tutto. I parrucconi lasciavano spazio ai giovani, dalla Cinquetti a Bobby Solo, dalla Zanicchi a Endrigo. Capitava, raramente per la verità, che vincessero perfino le canzoni più belle. Presto il colore avrebbe sostituito il bianco e nero. Sarebbero arrivati gli ospiti e gli spot, gli uni più fastidiosi degli altri. E io sempre incollato alla tv. Così anche domani sera per il mio Festival numero 61.

Se vi sembra il caso, chiamate pure la Croce Verde.

Commenti