Cultura e Spettacoli

L'amore, le spie, la guerra. A Shangai si scrive il destino

«Saturday Fiction» è la storia di una attrice che torna nella sua città, al tempo dell'attacco a Pearl Harbor

L'amore, le spie, la guerra. A Shangai si scrive il destino

Alla vigilia di Pearl Harbor Shangai si illude ancora di poter recitare quel ruolo di «isola solitaria» che ne aveva fatto un unicum all'interno della Cina. Nonostante infatti il Paese sia stato occupato militarmente dal Giappone, la città ospita ancora le cosiddette «Concessioni» occidentali, vere e proprie enclave dove la nuova autorità di Tokyo non ha giurisdizione, come del resto non l'aveva la vecchia autorità cinese... Così, in quegli spazi si moltiplicano i teatri e i caffè, i music hall e i cinema, nel tentativo di dimenticare nel divertimento e nella débauche un presente comunque incerto e un futuro su cui nessuno si sente di scommettere. Del resto, to shanghai è l'unico caso di un verbo inglese applicato al nome di una città, a indicare il rapimento e la violenza... Vi si moltiplicano però anche gli agenti segreti, i doppiogiochisti, gli informatori e gli avventurieri un tanto al chilo: c'è chi spia per l'Inghilterra o gli Stati Uniti, chi per la Germania e l'Italia, chi per quel Giappone che è ora il nuovo dominus orientale e per quella che ormai è una doppia Cina, nazionalista e comunista, sconfitta, ma non doma.

È in questo clima che Jean Yu, una celebre attrice di Shangai, ma da anni lontana da casa, torna per recitare in una pièce teatrale, Saturday Fiction, diretta dal suo amante di allora. È stato il produttore a insistere per quel ritorno, ma in cuor suo il regista spera che lei sia tornata anche e soprattutto per lui. Agli arresti, in città, c'è anche l'ex marito di Jean Yu, un altro che a quel ritorno lega la possibilità di uscire dal carcere. E infine c'è il suo padre adottivo, un europeo che dietro a una bottega di libri usati nasconde un'attività di spionaggio per le forze alleate, volto a capire se e quando il Giappone entrerà nel conflitto trasformandolo da europeo in mondiale.

Saturday Fiction, di Lou Ye, ieri in concorso, è una spy story come da tempo non capitava di vedere, avvolta in un bianco e nero quasi sgranato, percorsa da fiumi di pioggia che rendono la città in cui si svolge lucida e funerea. È una sorta di Casablanca asiatico, dove l'eroe è un'eroina e nessuno si salva perché si trova all'interno di una vicenda molto più grande di quella che si illude di poter padroneggiare. «Ho ambientato il mio film - dice il regista - nella prima settimana del dicembre 1941, quando appunto con Pearl Harbor la storia del mondo cambia, ma nessuno può saperlo. Ciascuno continua a concentrarsi sui propri obiettivi, osserva la solita routine. L'idea di alternare ciò che accade dentro il teatro, le prove e poi la prima, con ciò che intanto accade fuori, è un retaggio del fatto che, da bambino, le quinte del teatro Lyceum, dove lavoravano i miei genitori, non avevano per me segreti. Il continuo passaggio fra finzione e realtà, fra l'attore e la persona comune si è rivelato fondamentale per la mia fantasia e per un film del genere».

Tratto dal romanzo La donna vestita di rugiada, di Hong Ying, Saturday Fiction ha il suo punto di forza in Gong Li, già nel 1992 Coppa Volpi per La storia di Qiu Ju, poi nel 2002 Presidente della Giuria, attrice che da Sorgo rosso a Lanterne rosse, da Memorie di una geisha, a Shadow si è imposta come uno dei caratteri cinematografici cinesi e non solo più fieri e indomiti. «Jean Yu è un personaggio complesso - dice Gong Li - perché è una professionista in quanto attrice e in quanto spia. Via via che il secondo ruolo prende il sopravvento, la vediamo sempre più in azione. Ma, se paragonate il suo modo di agire a quello degli altri agenti, vedrete che non è una killer senza scrupoli, né una votata alla causa. Cerca di pagare i suoi debiti d'affetto, con il padre, con l'ex marito, con l'antico amante, si muove spinta dall'amore e alla fine si sacrifica per amore».

Quel primo sabato del dicembre '41, la commedia che va in scena al teatro Lyceum di Shangai finisce in tragedia, irruzione dei giapponesi, spari, morti e feriti.

Ma è lo stesso giorno in cui gli aerei del Sol Levante mandano a picco la flotta americana alle Hawaii, un gioco di specchi e di rimandi dove a riflettersi è il destino.

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