Cultura e Spettacoli

Lear tradito da due figlie androgine

Il Re Lear dello stabile di Catania comincia e si conclude su una scena vuota, dove un paio di enormi dadi ammiccano derisori come se fossero resti scampati a un naufragio. Ma conoscendo il lavoro del bravo Giuseppe Dipasquale, regista di questo allestimento, è facile comprendere che simboleggiano la fatalità della vita, sia pure quella di un monarca. Lo spazio ricorda le prove del grande Peter Broock, secondo il quale le nude tavole del palcoscenico sono il segno ambiguo della fatalità e della gratuità della vita. Vi si ergono i due sinistri spauracchi delle figlie di Lear, ovvero le regine cattive Goneril e Regan, impersonate da due robusti giovanotti che dalla vita in giù indossano sottane ricamate con sfarzo mentre, ricordando Shakespeare, in una farsa divertentissima si misura il Matto impersonato da una meravigliosa Anna Teresa Rossini che dispiega quintalate di ironia a ogni battuta. Il Glaucester di Sebastiano Tringali è un sapiente cortigiano che spinge il pedale sul versante della disperazione agita con tragica tracotanza. Di contro alla bianca figura della Cordelia di Silvia Siravo, la quale agisce come se fosse toccata dalla grazia santificante. Su tutti si erge con magnifica prestanza la tragica figura del monarca, Mariano Rigillo: enuncia magnificamente nel gesto e nella vibrante dizione il tormento di un protagonista il quale solo nella tragica fatalità che lo sovrasta esprime la solitudine e il declino di una monarchia tradita dai suoi eredi. Una grande prova d'attore.

RE LEAR - Teatro Stabile di Catania.

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