Cultura e Spettacoli

Leone d'oro alla carriera per la Redgrave Diva dei film d'autore (e hollywoodiani)

L'attrice, Oscar nel 1977 per «Giulia», si è distinta per le sue battaglie «politiche»

Pedro Armocida

Vanessa Redgrave è sinonimo della più nobile arte della recitazione. L'annuncio del secondo Leone d'oro alla carriera (l'altro è per David Cronenberg) della 75a Mostra d'Arte Cinematografica (29 agosto 8 settembre 2018), deciso dalla Biennale di Venezia è un tributo a una delle attrici che incarna uno stile unico, classico per via anche di una tradizione familiare tutta votata al palcoscenico. La sua nascita venne annunciata sul palcoscenico dell'Old Vic da Laurence Olivier in persona alla fine di Amleto: «È nata una grande attrice, Laerte (interpretato dal padre Michael Redgrave, ) ha una figlia».

Alberto Barbera, direttore della Mostra, la considera «un'attrice sensibile e capace di infinite sfumature, interprete ideale di personaggi complessi e non di rado controversi. Dotata di naturale eleganza, innata forza di seduzione e di uno straordinario talento, è potuta passare con disinvoltura dal cinema d'autore europeo alle fastose produzioni hollywoodiane».

Sei volte candidata all'Oscar (la statuetta è arrivata nel 1977 con Giulia di Fred Zinnemann), la Redgrave è da più di mezzo secolo una delle più amate attrici del cinema d'autore internazionale: «Sono sbalordita e straordinariamente felice di sapere che sarò premiata col Leone d'oro alla carriera dalla Mostra di Venezia. La scorsa estate stavo sul set proprio a Venezia con The Aspern Papers. Molti anni fa ho girato La vacanza nelle paludi del Veneto. Scommetto di essere l'unica attrice non italiana ad aver recitato un intero ruolo in dialetto veneziano!».

Nata a Londra nel 1937, Redgrave studia recitazione alla London's Central School of Music and Dance, calca con successo il palcoscenico fin da giovanissima, esordisce sul grande schermo accanto al padre nel 1958 nella commedia Dietro la maschera. Nel 1966 è già migliore attrice a Cannes e candidata all'Oscar con il capolavoro Morgan matto da legare di Karel Reisz, oltre a interpretare la misteriosa Jane di Blow-up di Michelangelo Antonioni. Un anno dopo vola negli Stati Uniti per le riprese di Camelot di Joshua Logan, sul set conosce Franco Nero. Tornata in Europa, gira due film con il marito Tony Richardson, Il marinaio del Gibilterra e I seicento di Balklava e inizia a interpretare i ruoli che la renderanno famosa: l'anticonformista ballerina Isadora Duncan in Isadora di Karel Reisz, l'infelice sovrana Maria Stuarda, regina di Scozia, una suora ne I diavoli di Ken Russel, la ragazza rinchiusa in manicomio dall'amante ne La vacanza di Tinto Brass con Franco Nero. Con James Ivory lavora in due film, I bostoniani e Casa Howard.

Si è sempre divisa tra una turbolenta vita sentimentale (il matrimonio con Tony Richardson e la storia d'amore con Franco Nero che sposerà alla fine segretamente solo nel 2010, in mezzo 15 anni di relazione con 007 Timothy Dalton) e l'impegno politico a favore delle vittime delle ingiustizie, che fossero palestinesi, ceceni, kosovari, profughi o migranti.

Quest'ultima battaglia rischierà di creare qualche imbarazzo al Lido di Venezia, dove probabilmente l'attrice ripeterà le sue riserve sulla politica del ministro Salvini espresse poche settimane fa a Roma, quando ha presentato il suo documentario Sea Sorrow, prodotto con il figlio Carlo Nero proprio sul dramma dei rifugiati.

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