Cultura e Spettacoli

La lettera ritrovata di Kafka dal Garda «Sono nel Limbo»

Daniele Abbiati

«Il senso di colpa è solo un volere indietro le cose. E appena è così, cresce molto più terribile che il pentimento una sensazione di libertà, della liberazione, di un senso di soddisfazione compatibile con le circostanze, ben oltre ogni rimorso». Così, fra il solito pessimismo che era la sua specialità e un pizzico (ma soltanto un pizzico) di ottimismo, scriveva Franz Kafka all'amico praghese Felix Weltsch nel 1913.

La lettera, che si riteneva perduta, è capitata recentemente fra le mani di Jan Bürger, consulente dell'Archivio della letteratura tedesca a Marbach, mentre stava consultando una raccolta di autografi di celebri autori, passata da un'eredità all'altra a un'anziana signora di Ludwigsburg. Il prezioso documento porta l'intestazione del sanatorio del dottor von Hartungen, amico di Heinrich e Thomas Mann, a Riva del Garda, dove Franz aveva già soggiornato quattro anni prima con i fratelli Brod. «No, Felix, non andrà bene - si strugge l'autore della Metamorfosi - niente andrà bene con me. Qualche volta credo che non sono più sulla Terra, ma che mi aggiro da qualche parte nel Limbo». Kafka ha da poco rotto con la fidanzata Felice Bauer. È dunque un uomo in fuga da se stesso. Ma proprio a Riva, come notava Franco Rella in Miti e figure del moderno, «conosce e ama una fanciulla svizzera, G.W., che rappresenta una sorta di complemento a questa fuga». In quella «misera capanna di legno sul lago, con un lungo trampolino per tuffarsi», lo scrittore trova il modo di svagarsi un po' insieme agli altri ospiti, «fino - rivela - a giocherellare, sotto il loro influsso, persino con l'occultismo».

Sul Garda, in quel periodo, Kafka era di casa. Fu anche a Desenzano, l'1 luglio dello stesso anno, come annota nel suo diario. Se si sia servito del gabinetto della stazione ferroviaria, come sostiene un altro scrittore, W.G. Sebald, apponendovi una sorta di... firma o addirittura abbozzo di racconto, come piace pensare a un terzo scrittore, Francesco Permunian, non è certo.

In assenza di testimoni, resta, come si suol dire, una situazione kafkiana.

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