Cultura e Spettacoli

Le letture di «Macbeth», «Otello» e «Falstaff» chiudono in bellezza Ravenna Festival

L'immagine del manifesto della Trilogia d'autunno, che ha chiuso le manifestazioni di Ravenna Festival, mostra una semplice cancellata dietro la quale un filare di platani sfogliati, coperti da brache di edera, si perde nella bruma della campagna. È un simbolo che ci invita ad entrare nel cuore di un artista, attraverso il sentiero che conduce alla sua casa, l'amata villa che Verdi edificò a Sant'Agata, rifugio dove affrontò, nei due ultimi capolavori (Otello e Falstaff), il drammaturgo che più amava, Shakespeare. È anche un invito a seguire un percorso. Tre serate successive: dalla violenza vermiglia di Macbeth alla cieca follia di Otello, fino al sorriso dell'estremo Falstaff, magnificando in Verdi e Shakespeare due gran conoscitori dell'animo umano. La presenza di Verdi nella sua terra natale è fatto fin troppo noto, ma l'idea che la sua casa e il pittoresco parco divengano le quinte del Falstaff, attraverso efficaci proiezioni, è affascinante.
Strehler fu criticato per il suo Falstaff padano. Si diceva che così andava perduta l'apertura della musica di Verdi, non immemore dei suoi grandi coetanei europei, Schumann e Mendelssohn. Forse. Ma vedere le argute comari sbugiardare i maneggi dei signori uomini fra le piante di Sant'Agata non è un'operazione «provinciale», perché fra quelle piante segrete la fantasia di Verdi concepì il Pancione ornato dalle corna del Cacciatore nero, e la fiabesca messa in scena di elfi e fate dell'ultimo atto nacque proprio lì. Cristina Mazzavillani Muti (moglie del maestro), regista di questo riuscito tour de force, ha puntato non solo sulle proiezioni, ma si è avvalsa delle raffinate luci di Vincent Longuemare (e dei costumi pertinenti ai mondi shakespeariani di Alessandro Lai). Luci onnipresenti che sbalzavano gli eventi narrati e illuminavano la sensibilità femminile: una per tutte, quella verticale che trasfigura Desdemona durante l'Ave Maria. Un Teatro Alighieri gremito (molte presenze tedesche) ha applaudito l'artefice dello spettacolo Cristina Mazzavillani Muti, i valorosi giovani dell'Orchestra Cherubini (direttore Nicola Paskowski).

Nella legione di giovani e volenterosi interpreti si sono distinti l'intensa Vittoria Ji Won Yeo (Lady Macbeth), Giordano Lucà (più in Cassio che in Macduff), la selvatica potenza di Yusif Eyvazov (Otello) e il collettivo, soprattutto femminile, del Falstaff.

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