Cultura e Spettacoli

L'Orchestra Verdi celebra Marinuzzi

Venire in soccorso dei vincitori è passione predominante a tutti i livelli della società e in tutte le epoche (le recenti folgorazioni sulla via del ballottaggio all'Eliseo ne sono ulteriore conferma). Ai vinti, si sa, spetta il bavaglio, o peggio. Altra viltà non meno deplorevole è quella di infilare chi non c'entra nelle liste di proscrizione. È il caso di Gino Marinuzzi, gran direttore d'orchestra e compositore appartenente a una generazione di indiscusse autorità come Victor De Sabata, Vittorio Gui e Tullio Serafin, la cui sola pecca fu di essere rimasto vicino alla Scala anche dopo il suo bombardamento e di aver assunto la Sovrintendenza pochi mesi prima della Liberazione, per salvare il salvabile, non certo per accanimento politico. Invece che riconoscimento per il generoso senso di responsabilità nei confronti del teatro che lo aveva visto protagonista nel decennio precedente, gli si fece il vuoto attorno. Morì d'improvviso nell'agosto del '45, e fu obliato ingiustamente anche come autore. Alla congiura del silenzio si oppongono con coraggio Giuseppe Grazioli e l'Orchestra Verdi di Milano (già benemeriti per altre operazioni culturali come l'omnia del milanese Nino Rota) che hanno eseguito (e inciso per Decca) la Sinfonia in La del compositore palermitano.

Un lavoro di grande respiro, scritto negli anni di guerra, rivelatore dell'aggiornamento e delle predilezioni del Marinuzzi direttore, soprattutto di Richard Strauss, il sommo compositore e direttore tedesco, autore «specchio», congeniale alla prepotente natura interpretativa, alla vasta cultura europea e alla nitida tecnica direttoriale di Marinuzzi.

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