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L'uomo che cambiò vita ma diventò più infelice

Nel suo romanzo d'esordio, l'americano Thompson sviscera tutte le contraddizioni di una persona che si avvicina alla vecchiaia. Simili a quelle degli Usa

L'uomo che cambiò vita ma diventò più infelice

«Troppi Jonathan Franzen in giro. Un'epidemia di Jonathan letterati. Se leggi la New York Review of Books, pensi che Jonathan sia il nome comune maschile più diffuso in America.

Sinonimo di talento e autorevolezza, ambizione e vitalità». Leggendo Purity, il nuovo atteso romanzo di Jonathan Franzen, in uscita in Italia a fine febbraio per Einaudi, lo scrittore americano già autore del bestseller Le correzioni tenta la strada dell'autoironia per sottolineare come tantissimi romanzieri esordienti gli siano accostati dai critici. È il caso anche di Ted Thompson: il suo primo libro è stato salutato come capace, al pari de Le correzioni (Einaudi) di Franzen, di raccontare la famiglia americana. Niente di più falso. Quindi ha ragione Franzen: basta riferirsi sempre a lui. Il romanzo di Ted Thompson è molto, ma molto migliore. Ted Thompson è come Jonathan Franzen se Jonathan Franzen fosse davvero Jonathan Franzen e non un'illusione ottica della critica statunitense capace di abbagliare milioni di lettori. Ne Le correzioni, Franzen ha la pretesa di riscattare il romanzo sociale proiettandolo nello star system dei besteller. Ci è riuscito imponendo un romanzo molto furbo: con l'innegabile perfezione della scrittura - che ricorda sin troppo da vicino l'impeccabilità stilistica di Salinger - Franzen ravviva una trama esausta sin dall'inizio coniugando l'universo narrativo di Dos Passos alla visionarietà domestica di John Cheever. La differenza è che di Salinger Franzen non possiede la magia di sintesi, di Dos Passos mantiene solo gli elementi (tele)novellistici e di Cheever soltanto la superficie riflessa.

Se non avete tempo da perdere, leggete il libro di Thompson. Perché racconta di quando compare quel momento in cui la nostra vita non ci basta più. Quello che abbiamo costruito - carriera, famiglia, villetta con giardino - improvvisamente ci sembra un laccio all'identità. E può anche accadere che, un giorno, in un impeto distruttivo, mandiamo tutto al diavolo senza sapere se la causa è l'ansia per il tempo che sta per scadere, o una reale necessità di cambiamento. Ad Anders Hill, protagonista del romanzo La seconda vita di Anders Hill (traduzione di Maya Guidieri Berner, Bollati Boringhieri, pagg. 274, euro 17,50), succede proprio questo. In pensione anticipata, dopo una vita da consulente finanziario di successo che l'ha costretto al pendolarismo, lascia tutto. I figli ormai grandi, la moglie da poco operata di tumore. Li lascia perché attribuisce loro la prima causa della sua infelicità. Il suo tirarsi indietro è una picconata distruttiva sulla superficie fintamente perfetta delle cose. Ridisegna le relazioni. Affiorano malesseri e questioni irrisolte. Riscopre dinamiche e sentimenti opacizzati dalla routine; l'insoddisfazione di Helene, la moglie, così esasperata da una vita «promessa e mai concessa» da tradirlo ben prima che arrivi la separazione; il conflitto padri-figli che ha complicato l'esistenza di Anders; la fragilità che sta dietro la ribellione del figlio minore; le amicizie ventennali che si sbriciolano davanti alla tragedia.

Ted Thompson in questo romanzo d'esordio seziona la famiglia. Descrive un'America infelice. E ci regala un protagonista che vorremmo consolare e poi prendere a ceffoni.Un uomo che manda tutto all'aria, sì, e magari per le ragioni sbagliate, ma che poi trova il coraggio di guardarsi dentro. E ripartire. Perché la vecchiaia può arrivare di colpo, nei momenti più impensati. Per Anders Hill, che ha vissuto a lungo nella «terra delle abitudini eterne» - come sono chiamati negli Stati Uniti i ricchi sobborghi del Connecticut- è finalmente arrivato il momento di raccogliere i frutti di una vita vissuta con giudizio. A sessant'anni e appena andato in pensione, finito di pagare il college dei figli, ormai grandi, Anders trova la felicità che da sempre aspettava. Ma quando «la gioiosa farsa del Natale» si avvicina, Anders inizia a chiedersi se, forse, essersi lanciato col paracadute sia stata una mossa prudente. Privato delle sicurezze della sua precedente identità, va a una festa piena di amici della sua ex moglie, e mette in moto una serie di eventi comici e catastrofici. Prima che l'anno sia finito, Anders si ritrova a dover affrontare la spaventosa possibilità che il mondo che aveva appena rifiutato, fosse l'unico di cui avesse bisogno.Disegnando la parabola di un matrimonio lungo quarant'anni, questo romanzo finemente studiato su un uomo in contrasto con il suo passato, mette in risalto il potere della memoria, della mancanza di comunicazione, della routine e del fallimento di delineare il mito familiare. Non è un'esagerazione affermare che questo è il primo grande romanzo sulla disillusione americana post-crisi, il rovescio della medaglia di The Wolf of Wall Street ma, soprattutto, di Franzen. Perché all'interno del cuore consumato e dell'anima di Anders Hill c'è un avvertimento: anche la vita che ritenete non all'altezza dei vostri sogni, non dev'essere data per scontata.

Come Revolutionary Road di Richard Yates fece per la soffocata Silent Generation degli anni 50, Thompson ci consegna un ritratto feroce del benessere che ci distrugge esplorando ciò che affligge l'America, scavando tra i cuori divorati di quelle persone che sembrano avere tutto e, a un tratto, devono fare i conti col costo morale di una vita che non puoi comprare.

Anders Hill è un nuovo tipo di eroe, umano e fallibile, un uomo che diventa migliore avendo accettato le proprie debolezze, e che trova la grandezza nella scelta della morale.

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