Cultura e Spettacoli

«Miaooo» Ecco il Vangelo dei gattolici praticanti

Luigi Mascheroni

Sui gatti, dei gatti, sopra i gatti, attorno ai gatti si è scritto tantissimo, forse tutto. I gatti nell'arte, i gatti in poesia, i gatti nel cinema... Come si accudiscono i gatti, il comportamento dei gatti, la storia dei gatti e delle gabbianelle, il meraviglioso mondo dei felini, Fantozzi e Filini, Lezioni di vita dai nostri amici felini...

La bibliografia gattesca è sterminata, ma ancora mancava un vero «Vangelo» dei gatti, un libro su parole (Miao), opere (poche, sono pigrissimi), omissioni (tante: non fanno nulla, dormono tutto il giorno) dei gatti. Ora però c'è. Si intitola Il gattolico praticante. Esercizi di devozione felina (Garzanti) e l'ha scritto un amante consacrato dei gatti: Alberto Mattioli, snob e aristocratico come i gatti, giornalista impeccabile nei pezzi come negli spezzati (non esce mai senza giacca), 1.702 recite d'opera viste e qualche decina di gatti conosciuti nella vita, quasi tutti stranamente con nomi melodrammatici, tipo Violetta, Isolde, Mimì, Lulu, Mirò, Coco... Un libro che: spiega i cento motivi per cui è meglio portarsi in casa un gatto invece che un essere umano («Non dice mai sciocchezze», «Non russa», «Non mangia a bocca aperta», «Non è sempre lì a chiedere soldi»...); racconta tutte le città «gatte» del mondo (Parigi, Istanbul, Gerusalemme, Roma, Venezia...); stila un irreprensibile e irresistibile Dictionnaire des idées reçues, ovvero le banalità che di solito si dicono sui gatti (il gatto è infedele, il gatto è egoista, le gatte fanne le gatte morte, il gatto è pigro... opsss), compila una splendida storia dei «Gatti a corte» (ovvero i gatti prediletti da zar, imperatori, re e regine...), propone un attualissimo excursus social ogico a proposito del successo dei gatti su Instagram, Facebook, Twitter... E propone un «Dizionario del gatto» zeppo di citazioni (lo sapevate che quello di Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany è il gatto senza nome più celebre della storia del cinema?), aneddoti, riferimenti culturali (Egizi: «Gente che aveva capito tutto») e ironia (tipo Criceto: «Topo in scatola», oppure Sveglia: «Quella umana la decide il gatto, quella del gatto la decide lui», o Web: «Esisterebbe ancora senza gattini?»). E soprattutto elenca «Le cinquanta cose che i gatti odiano». Di cui la più vera è l'ultima: essere trattati da esseri umani.

Loro, sono qualcosa di più.

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