Cultura e Spettacoli

"La missione possibile di agente segreto che vive da ragioniera"

L'attrice parla del suo film «Ma cosa ci dice il cervello»: «In una scena volo come Tom Cruise»

"La missione possibile di agente segreto che vive da ragioniera"

Donne (e uomini), è arrivata la raddrizza-torti, l'agente speciale che pone fine alle angherie, ai soprusi, insomma alle follie che la cronaca snocciola quotidianamente e che sono ben riassunte nel titolo del nuovo e divertente film di Riccardo Milani, Ma cosa ci dice il cervello. Paola Cortellesi, da giovedì in 600 schermi, è la supereroina Giovanna, di giorno mamma separata e impiegata ministeriale che nella giornata dei genitori a scuola racconta le sue mirabolanti imprese con il calcolo della ritenuta d'acconto delle buste paga, e, sempre di giorno, agente dei servizi segreti impegnata in missioni internazionali di cui non può naturalmente svelare nulla. In questa veste, in occasione di una rimpatriata tra compagni di liceo, si metterà a riparare i torti subiti da ognuno di loro sul posto di lavoro, chi insegnante bullizzato da un alunno (Stefano Fresi), chi pediatra spintonata da una madre manesca (Lucia Mascino e Paola Minaccioni), chi allenatore di calcio insultato da padri «che sono nati allenatori» (Vinicio Marchioni e Ricky Memphis), chi hostess alle prese con uomini d'affari che non spengono i cellulari (Claudia Pandolfi e Alessandro Roia).

Insomma si riforma la squadra artistica che lo scorso anno ha conquistato il botteghino con Come un gatto in tangenziale nella speranza che risollevi quello attuale dove non è presente neanche un film italiano tra i primi dieci incassi del fine settimana. «Speriamo bene - dice Paola Cortellesi - ma se pensi ai risultati precedenti ti limiti. Ti auguri certo che il film vada bene e che tante persone si rispecchino in quello che accade».

Nel film c'è una « livella» della supercafonaggine.

«Sì è vero, non c'è differenza di genere o di ceto sociale che tenga. La maleducazione può appartenere a chiunque. Noi abbiamo raccontato un po' quello che emerge dalla cronaca e anche quello che ci accade ogni giorno, ad esempio per strada, dove non so se siamo sempre vittime o anche carnefici».

Lei cos'è?

«Per ora vittima, l'altro giorno uno camminava per strada e a me, che ero in auto, ha detto di fare attenzione. Io gli ho risposto gentilmente ricordando che esisteva il marciapiede e lui: Io cammino dove cazzo mi pare aggiungendo qualcosa a proposito della mia guida da donna. Ecco questa è una persona che non si rende conto di quello che sta facendo e magari educa così anche i figli».

Il film però non fa la morale.

«Volevamo rivolgerci soprattutto a chi non la pensa come noi. C'è anche cattiveria, perché la commedia parte dalle cose sgradevoli. Ma non ci piace il cattivismo voluto, alcuni dei nostri personaggi hanno un riscatto, il che non vuol dire necessariamente un happy end ma trovo positivo il fatto che, in una storia popolare, ci sia un'idea di riscatto».

Nelle parti di azione vediamo lei o una controfigura?

«Le acrobazie mi sono costate due mesi di allenamento con lo stunt che mi ha insegnato a eseguire le scene d'azione. Sono stata molto contenta di questa preparazione».

Un po' come Tom Cruise in Mission Impossible.

«Tom la prenderà malissimo, perché quando ero sul tetto della Medina di Marrakech e dovevo volare con i cavi mi sono detta: quando atterro faccio la sbracciata un po' coatta come lui o scelgo un profilo basso?».

La risposta?

«La sbracciatona, esattamente come lui, e quando mi ricapita».

Parla anche in lingue complicate.

«Ho imparato le battute a memoria ma ho fatto veramente tanta fatica con il russo. Mentre l'arabo è più facile e ora so dire deve esserci della sabbia nel motore. Ma non credo che mi servirà più».

Anche nel suo precedente film, La befana vien di notte, ha una doppia vita. Le piace questa condizione?

«Questo mestiere per me è uno sfogo importante ma, le dico la verità, non è che mi porti a casa i personaggi. Il mio privato è più importante del lavoro che, per carità, è meraviglioso perché, in fin dei conti, esco di casa per andare a giocare».

In questi giorni sta girando per Sky la serie Petra, personaggio nato dalla penna della spagnola Alicia Giménez-Bartlett, si tratta di un'altra donna forte.

«È un ruolo bellissimo, non tanto perché è la mia prima poliziotta ma per il tipo di donna che è Petra. Ha rinunciato a tutti i cliché femminili e ha deciso di restare sola, il ruolo di moglie le stava stretto. In genere, al cinema e in tv, chi ha il coraggio di cambiare e voltare pagina sono gli uomini. Per questo è un ruolo molto interessante».

Attrice, autrice, sceneggiatrice, cantante. Manca solo la regista.

«È una cosa che mi piace pensare di poter fare e che sicuramente farò quando mi sentirò pronta.

Ma, essendo femmina, penso molto prima di prendere una decisione».

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