Cultura e Spettacoli

Moeller van den Bruck contro Spengler L'alba del nuovo Occidente sorge a Est

In un testo del 1920 una soluzione eurasiatica alla crisi del mondo atlantico

Luigi Iannone

«Rivoluzione conservatrice» è tra gli ossimori più intriganti prodotti dalla filosofia politica ed è quello che resiste con maggiore efficacia. Ostile alla Repubblica di Weimar, al liberalismo, al marxismo, al parlamentarismo e alla democrazia, questo coagulo di movimenti culturali e personalità di primissimo piano (tra cui Stefan George, Moeller van den Bruck, Carl Schmitt, Oswald Spengler, Werner Sombart, Ernst Jünger, Thomas Mann), non ebbe mai una sistematicità programmatica. Eppure, quasi tutti coloro che la animarono, pur portandosi dietro il marchio di aver creato una incubatrice per il nazismo, riuscirono a imporsi individualmente e a far conoscere le proprie teorie.

La casa editrice Oaks compie ora un'operazione di grande interesse filosofico e storiografico pubblicando un volume di Moeller van den Bruck (1876-1925), inedito in Italia: Tramonto dell'Occidente? Spengler contro Spengler (pagg. 74, euro 8,50). Uscito nel 1920 su Deutsche Rundschau e, dopo il suicidio di van den Bruck, ripubblicato con ampi tagli da Hans Schwarz, il curatore del suo lascito, è un testo nel quale egli sorprendentemente cambia il quadro valutativo spengleriano sui concetti di identità dell'Occidente e dell'Europa, ridefinisce la nozione fondamentale del conservatorismo e indaga sull'idea di Tradizione, in termini di Trasmissione (Weitergabe). Ma soprattutto, come segnala Stefano Azzarà nel saggio introduttivo, abbandona il terreno della nostalgia e del cinismo, rovesciando i presupposti dai quali Spengler muoveva per annunciare il tramonto, e si affida a un nuovo mito universalistico di mobilitazione.

Per Moeller van den Bruck, infatti, non esiste un unico Occidente e, di conseguenza, non vi può essere un tramonto che coinvolga tutti. E perciò Spengler si sbaglia di grosso. Letta in questo modo, la sconfitta non sarebbe la fine, bensì la «paradossale salvezza della Germania e anche dell'Occidente inteso nel suo senso faustiano originario». Profetizzando solo un tramonto dell'Ovest, è possibile imboccare ancora una prospettiva di rinascita. Con la fine della Guerra, la Germania deve porsi come obiettivo quello di sganciarsi da questo destino di tramonto e per farlo deve ricollocarsi come capofila di un nuovo rilancio che guardi all'Eurasia e ai popoli giovani dell'Est.

Gli europei, ormai, sarebbero davanti a un'ultima decisione: «appartenere all'Ovest oppure a un secondo Occidente che inizia al di là dell'Ovest?».

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