Cultura e Spettacoli

Moralisti, giù le mani dalle ragazzine di Balthus

Come diceva il pittore, l'oscenità non è nei quadri bensì (forse) negli occhi e nella mente di chi li guarda

Moralisti, giù le mani dalle ragazzine di Balthus

Ad attrarmi maggiormente non sono i ritratti di Balthus in cui adolescenti o donne giovanissime appaiono completamente nude, bensì quelli di fanciulle fanciullescamente vestite, il cui fascino è tutto affidato a uno sguardo, a una postura, a un visetto malinconico e annoiato. Così, a coinvolgermi non sono dipinti come Nudo a riposo (1977) o come Il risveglio (1975-1978), con i suoi simboli erotici, o come Ragazza con gatto (1937), con il duetto tra una fanciulla e il suo gatto, presenza frequente in Balthus. E nemmeno Alice nello specchio (1933), nel quale protervamente Alice (la giovanissima Betty Leyris) si pettina davanti a uno specchio e, spettatrice di se stessa, distrattamente ammira il proprio busto, le gambe nude e il sesso.

No, quelli che mi attraggono veramente non sono tanto i dipinti di fanciulle nude e discinte come questi, quanto quelli in cui Balthus le adolescenti le ritrae infondendo loro un altissimo tasso di ambiguità sessuale, senza imboccare la strada, facile e sempre vincente anche per ciò che riguarda la resa pittorica, della nudità. Per esempio, la Thérèse, dell'olio omonimo del 1938, in apparenza non ha nulla di lascivo. La mollezza con cui la ragazzina, quasi fosse spossata, si abbandona sulla poltrona con le gambe nude accavallate può parere poco provocante. Ma l'espressione del viso, più annoiata che malinconica, lo sguardo assente, perso dietro a chissà quali fantasie e la bella bocca carnosa imbronciata testimoniano l'insoddisfazione di chi sente giunto il suo tempo di vivere e non sa come spenderlo.

Un passo decisamente oltre Balthus compie ritraendo la stessa Thérèse Thérèse Blanchard, figlia quindicenne di un vicino di casa, che lo raggiunge quotidianamente, dopo la scuola, nel suo atelier parigino, dove posa per ore - in un olio del medesimo anno intitolato Thérèse rêvant (Thérèse che sogna). Qui, il pittore non trascura alcun particolare atto a provocare lo spettatore: appoggiata a un grande cuscino verde, con la gonna rossa e la sottogonna orlata di pizzo sollevate, lascia in vista le cosce ben formate e le mutandine. Ha le braccia appoggiate sopra la testa a evidenziare il busto, il profilo volitivo e gli occhi socchiusi. Non dorme: sogna. Sembrerebbe incurante della sua posa impudica e di tutto ciò che la circonda, perfino del gattino che lecca il latte nella ciotola. Però essere o sembrare incuranti non vuol dire essere inconsapevoli e, anche se Thérèse ha assunto quella posizione perché non c'è nessuno a guardarla, è ben cosciente della forza di seduzione che il suo corpo può esprimere.

Non meno provocante, anche se più casta nella posa, è, una trentina di anni dopo, Katia, la figlia quindicenne di un'impiegata di Villa Medici a Roma, che posava per l'artista, allora direttore dell'Accademia di Francia, durante le vacanze estive. Balthus la ritrasse numerose volte, preferibilmente distesa o seduta. In un dipinto, iniziato nel 1968 e finito nel 1976, Katia lisant (Katia che legge), Katia è per l'appunto comodamente seduta in una poltrona color pastello, che pare una conchiglia. Sta leggendo e, come scrive lo stesso Balthus, «il suo sguardo attento sembra guidarla verso mondi di cui la superficie liscia del muro dipinto di colori che non esistono rivela la stranezza». Ma quel suo estraniarsi dalla realtà attraverso la lettura accresce la forza seduttiva del suo corpo di adolescente. Le braccia rimaste scoperte dopo che si è tolta il golfino bianco, il seno inesistente sotto la maglietta e soprattutto le gambe e le cosce delicate che escono dalla gonna tirata su fino al limite estremo e si dispongono in una posizione quasi geometrica, una giù fino a terra e l'altra sollevata all'altezza delle mani e poggiata con il piede sul bordo della poltrona, hanno una loro maliziosa attrattiva.

E cosa dire della ragazzina che si annoia e si sorride civettuola allo specchio nell'olio del 1944-46 intitolato Les Beaux jours? Illuminata da dietro dalla luce che entra dalla finestra, è una donna-bambina: della donna ha la pettinatura, il vezzo di perle e il corpetto alla moda; della bambina ha il corpo liscio e snello, e le ciabattine bianche. Con il piccolo seno e le gambe studiatamente divaricate è tutta compiaciuta dell'immagine che lo specchio le rimanda e sembra ignorare l'uomo, emblematicamente chino davanti al fuoco che arde nel camino. Ma il sorriso che aleggia sul suo viso è un sorriso malizioso.

Per tutta la vita, fino alla morte nel 2001, Balthus si è difeso dalle accuse di oscenità, e di pedofilia, sostenendo che l'oscenità dei suoi dipinti non è nei dipinti e tanto meno nelle sue intenzioni, bensì negli occhi e nella mente di chi li guarda. Sono d'accordo, perché omnia munda mundis, tutto è puro per chi è puro e perché un'opera d'arte - un dipinto al pari di un libro - non deve mai essere giudicata sulla base dei suoi contenuti e sulle possibili intenzioni del suo autore: il fatto che uno scrittore racconti un crimine o la preparazione di un crimine non significa che sia un assassino, neanche potenziale.

Ciò non toglie che, per quello che mi riguarda - ma penso che valga un po' per tutti -, la forte componente erotica e l'ambiguità che caratterizzano molte delle opere di Balthus esercitino una grande attrazione su chi le guarda.

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